Grandi mostre. 6
Spagna e Italia in dialogo nell’Europa del Cinquecento a Firenze

UNO SCAMBIO
ININTERROTTO

Attorno a un nucleo di disegni spagnoli, conservato nel Gabinetto dei disegni e delle stampe degli Uffizi, ruota l’esposizione - raccontata qui dalla cocuratrice nonché direttrice della prestigiosa raccolta - sui rapporti culturali tra gli artisti iberici e italiani nel XVI secolo.


Marzia Faietti

Guarino Veronese, il più stretto allievo italiano dell’umanista bizantino Manuele Crisolora e tra i maggiori sostenitori della superiorità degli studi letterari sulla pittura e sulla scultura, manifestò un’inclinazione per la medaglia-ritratto intesa come medium di diffusione visiva della fama. In essa, infatti, parola e immagine figurano indissolubilmente unite; doveva forse essere questa caratteristica a fare della medaglia un genere artistico ideale, consono persino ai gusti dei letterati più arroccati nella difesa del predominio della loro disciplina. Un’altra ragione, ancora, favoriva la sua particolare fortuna tra gli umanisti: mi riferisco alle dimensioni assai ridotte che ne consentivano un’agevole circolazione rispetto alla limitata mobilità dei dipinti e delle statue. A lamentarsi della difficoltà di movimentazione di questi ultimi è di nuovo Guarino in una famosa epistola indirizzata nel 1447 ad Alfonso V d’Aragona, re di Napoli e di Sicilia, dove ribadisce il primato delle lettere nell’attività encomiastica: «[…] quod nullas per imagines aut statuas fieri posse sperandum est, vel quia sine litteris mutae sunt vel quia per orbem terrarum huc atque illuc facile transferri nequeant»(1).