la Kunsthalle di Mannheim ospita una delle maggiori collezioni civiche tedesche di arte moderna e contemporanea, con più di duemila dipinti,
ottocento sculture e trentatremila opere su carta, tra cui capolavori come L’esecuzione dell’imperatore Massimiliano di Manet (l’ultima
delle quattro versioni, datata 1868-1869), il Papa II (1951) di Bacon, uno dei bronzi di
Forme uniche della continuità nello spazio (1913) di Boccioni. È anche famosa per aver dato il nome alla Neue Sachlichkeit (Nuova
oggettività) - dal titolo della mostra che l’allora direttore Gustav Friedrich Hartlaub vi organizzò nel 1925 -, di cui possiede un importante
nucleo di opere.
La novità che la riguarda è che da giugno riaprirà con un look totalmente rinnovato. Il restyling è stato affidato allo
studio di architettura amburghese gmp che ha progettato una sontuosa struttura in acciaio e vetro. Essa integra e amplia il vecchio edificio dalle
forme jugendstil (con una forte influenza neoclassica) in pietra arenaria rossa che era stato ideato da Hermann Billing nel 1907 e poi già
ampliato da un’ala più moderna nel 1983. Con tredicimila metri quadrati di superficie utilizzabile, di cui cinquemila e cinquecento adibiti a
spazio espositivo, la nuova Kunsthalle di Mannheim è a oggi il più ambizioso progetto di rinnovamento museale in Germania, costato ben 68,3
milioni di euro.
Anche per questo, la sua riapertura, con il riallestimento dell’intera collezione, non poteva che essere ampiamente celebrata. Dal 2 giugno la Kunsthalle presenterà ben quattro grandi mostre concomitanti: tre collettive con i lavori della collezione e una personale del fotografo canadese Jeff Wall, famoso per i suoi “light box” retroilluminati, che verranno mostrati accanto alla serie di stampe a colori Constellations e a una selezione di sue altre immagini in bianco e nero.
Tra le tre collettive, Aperto è quella che celebra maggiormente la collezione permanente, mostrandone i pezzi forti e dedicando a molti dei suoi protagonisti, tra cui Max Beckmann, Thomas Hirschhorn, William Kentridge, Anselm Kiefer e Richard Long, una stanza monografica. Ricordare. Dalla storia di un’istituzione ripercorrerà invece la storia delle acquisizioni della Kunsthalle, che ha avuto un ruolo fondamentale nel riconoscimento istituzionale dei movimenti novecenteschi, soprattutto di ambito tedesco, tra cui la già citata Nuova oggettività negli anni Venti e l’Informale negli anni Cinquanta.
Nel secondo dopoguerra, in seguito al rastrellamento e alla confisca di più di cinquecento lavori d’avanguardia come “arte degenerata” da parte dei nazisti nel 1937, per sopperire ai vuoti nella collezione (molte opere furono distrutte e disperse e solo alcune vennero salvate, entrando a far parte di altre collezioni museali, o tornarono a Mannheim), la Kunsthalle intraprese una serrata campagna di acquisizioni. La mostra (Ri)-scoperte. La Kunsthalle di Mannheim tra il 1933 e il 1945 e oltre ripercorrerà proprio questa storia, partendo dalla collettiva di “arte bolscevica” che il regime nazionalsocialista allestì nel 1933, dopo aver destituito Hartlaub come direttore. Alla storia del museo è rivolta anche la personale di Carl Kunzt, la cui opera grafica costituisce il primo nucleo della collezione.