Parigi. Un’avventuriera che onorava le tradizioni. Difficile uscire dagli schemi borghesi quando si è nati alla metà dell’Ottocento in una remota
cittadina degli Stati Uniti, Allegheny City, da una famiglia ricca, ma molto conservatrice. Ancora più difficile se si è donna con il pallino e il
talento dell’artista. Da quella terra ancora selvaggia Mary Cassatt (1844-1926) aveva però ereditato un forza di carattere che le farà raggiungere
un obiettivo proibito per una ragazza dei suoi tempi: fare dell’arte la sua vita, diventando una pittrice professionista. Senza liberarsi del
tutto dalla sua condizione borghese, però. Quelle madri teneramente abbracciate ai loro pargoli, quei piccoli infanti rosei e paffuti avvolti in
abiti guarniti di trine, quelle scene di vita familiare vissute nelle case della nuova borghesia, che rappresentano una grande parte della sua
produzione artistica, sono nello stesso tempo la sua grandezza e il suo limite. Lei, ormai francese di adozione (si trasferisce gradualmente a
Parigi a partire dal 1865), impressionista tra gli impressionisti, non sposta la sua tavolozza dalle mura domestiche, se non rare volte, evitando
le sedute “en plein air” che avrebbero fatto fare un nuovo salto alla sua pittura, ma che non si addicevano al suo essere donna, oltretutto
benestante e non sposata. È come se l’audacia per essersi opposta alle convenzioni sociali, che l’avrebbero voluta madre e moglie, potesse esserle
perdonata solo concedendo alla sua arte la rappresentazione di certe intimità domestiche riservate alle donne.
Mary Cassat ci racconta una borghesia dalle belle maniere
e dai modi eleganti
E alla stregua di tutte le altre donne, non molte, da Berthe Morisot a Suzanne Valadon, che hanno partecipato attivamente al movimento avanguardista degli impressionisti, il suo nome è caduto presto nell’oblio, per tornare alla luce dopo decenni.