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Il parco archeologico della villa romana di Casignana

RIDIAMO ALLA DOMUS
LA SUA MEMORIA

Scoperto nel 1963, il sito di Casignana, in provincia di Reggio Calabria, contiene straordinari resti di una villa romana. Un luogo non ancora tutelato in modo sistematico e, a oggi, in attesa di essere sottoposto a scavi e restauri promessi da tempo per il recupero completo della sua identità ferita, peraltro, da alcuni interventi sconsiderati che hanno rappresentato un affronto alla sua integrità e alla sua bellezza.

Anna de Fazio Siciliano

Cullata dal sogno della Magna Grecia, profondamente intrisa della cultura di Bisanzio, prima del regno di Federico II, la Calabria è stata toccata dal genio edilizio di Roma e attraversata da consoli e senatori romani come Cassiodoro (che a queste terre ha donato il suo Vivarium). Dei romani e delle loro lussuose residenze si conservano tracce rarissime in quest’area della penisola - meno note, per esempio, di Piazza Armerina (Sicilia centrale) -, ma di queste pochissime testimonianze resta, e in contrada Palazzi di Casignana (Reggio Calabria), un sito che presenta un tripudio di terme intatte, mosaici con soggetti inconsueti e pavimentazioni in splendido “opus sectile”. Fin dall’antichità più remota, il bacino del Mediterraneo è stato un crocevia di scambi e commerci, di traffici e genti diverse. È lungo una delle sue rotte che tra il I e il IV secolo d.C. un ricco possidente, un anonimo Trimalcione del Sud, fa costruire la sua villa, precisamente sulla traiettoria che collegava (come l’attuale SS 106), fin dall’età greca, la colonia di Reggio Calabria a quella di Locri (nella stessa provincia). Sulla linea segnata da questa direttrice nel 1963 affiorano appunto i resti di una villa romana che a monte presenta ancora uno dei due originari impianti termali, e a mare un complesso residenziale oltreché sepolture e ambienti arricchiti da ampi mosaici.
Le più recenti rilevazioni archeologiche (dagli anni Novanta fino al 2008) attestano che la villa, di cui oggi è possibile vedere perlopiù la parte risalente al IV secolo d.C., fu edificata in nove fasi su un’area già frequentata in periodo greco e che nel V-VI secolo d.C. venne abbandonata.
Per comprendere le ragioni per cui la civiltà romana, tra i diversi periodi della storia calabrese (greco, bizantino, normanno, svevo), a un certo punto s’insedia qui prepotentemente, va ricordato che dopo il ritorno di Annibale in Africa nel 203 a.C. e la definitiva sconfitta subita da Taranto per mano dei romani nel 207 a.C., si verifica il passaggio, cruciale per la storia del Sud, delle colonie della Magna Grecia all’autorità di Roma.
Con la progressiva estensione del suo potere in Meridione, Roma realizza pian piano un programma organico di infrastrutture sui territori annessi. Gli antichi percorsi stradali vengono trasformati in vie consolari, prima fra tutte l’Appia prolungata col tempo anche verso il mar Ionio e ancora oggi simbolo dell’urbanizzazione e della missione “civilizzatrice” che i romani con strade, ponti, edifici e templi portarono a compimento in tutta l’area da loro conquistata.


Raro mosaico con soggetto di ambiente acquatico proveniente dal “frigidarium” nella celebre sala delle Nereidi (III secolo d.C.).

mosaico con “tubuli” e “suspensurae” (III-IV secolo d.C.) proveniente dal “calidarium”.