Fondamentale per Man Ray (1890-1976) fu l’incontro a New York nel 1913 con Alfred Stieglitz, dal quale apprese la fotografia e la bellezza delle opere di Brancusi e Picasso. Il pittore e regista americano si cimentò inizialmente con l’obiettivo per riprodurre i propri dipinti così da poterli mostrare a galleristi e potenziali acquirenti, non pensava che i suoi scatti potessero avere vita autonoma. Ma il suo arrivo a Parigi nel 1921 (accolto da Duchamp), dove il fermento di idee era vivacissimo, lo portò a una vera e propria esplosione creativa. Divenne il primo fotografo surrealista, pur senza identificarsi con l’arte del gruppo. Inventò e reinventò composizioni, figure e tecniche: “rayografia” (immagine derivata dall’appoggiare gli oggetti sulla lastra, senza usare la macchina fotografica) e solarizzazione (riesporre il negativo non ancora fissato a un lampo di luce). Rielaborò anche il concetto di “ready-made” dell’amico Duchamp (si pensi per esempio a Dono, il ferro da stiro con quattordici chiodi sulla parte inferiore «atto a ridurre un abito in brandelli»). In Man Ray troviamo umorismo, irriverenza, enigma, mistero. Più di cento sue immagini, tra cui molte iconiche, sono visibili fino al 7 ottobre alla Galleria d’arte moderna e contemporanea di San Gimignano, in provincia di Siena (Man Ray. Wonderful Vision, www. sangimignanomusei.it). Esposizione a cura di Elio Grazioli.
