Estate 1919. Incantato dalla luce della Provenza, Matisse ha affittato un appartamento a Nizza, in Place Charles-Félix. Vi soggiorna spesso e a lungo, alternando questi periodi alla sua attività nell’atelier di Issy-les-Moulineaux, alle porte di Parigi (ora sede degli Archives Matisse), dove ha lasciato il quadro dei Marocchini, ispirato al recente viaggio a Tangeri, e la tela delle Bagnanti al fiume, cominciata nel 1909 come un ritratto di allegre ragazze nude sullo sfondo di un verde “foliage” rigoglioso, e rielaborata per sette anni fino a trasformarsi in quattro figure isolate da bande nere e come ingrigite dal tempo. È il cosidetto “période niçoise”. Sulla Côte Matisse ha conosciuto Pierre Bonnard e si è invaghito della sua tavolozza chiara. La ricerca sul colore, la decorazione, l’arabesco, una certa forma di esotismo sono sempre state costanti nel lavoro di Matisse. Quando nel 1919 esegue la scenografia e i costumi per Le Chant du rossignol di Stravinskij (che andrà in scena per la prima volta a Londra), realizzato dai Balletti russi di Diaghilev, il maestro accetta l’incarico con gioia (e come dire di no se l’“amico” Picasso ha già dipinto e con successo, due anni prima, le scene per il balletto Parade di Satie?): sarà anche l’occasione per riversare i ricordi nordafricani delle stoffe sgargianti e fastosamente ricamate nei vestiti dei mandarini cinesi che dipinge lui stesso.
