In un momento storico che si nutre in gran parte di effimero, il recupero filologico di un edificio monumentale abbandonato da decenni e a rischio di definitiva rovina rappresenta un caso esemplare di valorizzazione e di buona politica culturale.
È quanto accade a Feltre (Belluno), antica città prealpina ai piedi delle prime Dolomiti dove, dopo un ventennio di restauri, il Palazzo dei vescovi viene oggi restituito definitivamente alla comunità nella rinnovata veste di Museo diocesano.
L’imponente costruzione - testimonianza del prestigio dei vescovi feltrini, che un tempo estendevano la propria giurisdizione fino alle porte di Trento - svetta nello skyline della cittadella fortificata, in muto ma eloquente dialogo con il castello sulla cima del colle e con i palazzi del potere civile, nobili vestigia del secolare governo veneto. Vi si giunge percorrendo le vie silenziose del centro storico, in un’armonia architettonica e urbanistica di rara suggestione.
L’episcopio sorge nel XIII secolo nell’area di due preesistenti torri urbane; l’analisi architettonica e le indagini archeologiche ci consegnano l’immagine medievale di un castello, ma tale assetto sarà destinato a subire nel tempo ripetute trasformazioni, non di rado determinate da eventi traumatici: primo fra tutti, il terremoto del 1348, che infierisce con violenza sulla città e sull’edificio. Nella seconda metà del XIV secolo, esso verrà ricostruito e ampliato in forme gotiche, fino ad assumere entro la fine del Quattrocento la fisionomia dei palazzi aristocratici veneziani: gli spazi interni si colorano di affreschi e le pareti sono alleggerite da eleganti finestre trilobate e da una loggia affacciata sulla città.
È questa la dimora che accoglie il vescovo umanista Antonio Pizzamano al suo ingresso in diocesi nel 1504, celebrato dal sontuoso apparato araldico dell’androne d’ingresso, scoperto sotto gli intonaci nel 2006. In un’impaginazione di raffinata cultura antiquaria di matrice mantegnesca, l’affresco fotografa la geografia politica del tempo, attraverso le insegne della Repubblica di Venezia, della città di Feltre, del pontefice Giulio II, del doge Loredan, del patriarca Grimani, del vescovo, del castellano e del podestà.
La sventura si abbatte nuovamente sulla città nel 1509-1510 quando, nel contesto della guerra della lega di Cambrai contro la Serenissima, Feltre è incendiata dalle truppe di Massimiliano d’Asburgo e ridotta in rovina; anche il palazzo vescovile subisce danni enormi, cui si aggiunge la perdita irreparabile dell’archivio.
