Freespace rispetto a che cosa, in quale contesto, per quale finalità progettuale? Tema difficile, forse troppo generico rispetto alla complessità contemporanea: la Biennale di Venezia, affidando la curatela della 16. Mostra internazionale di architettura a Yvonne Farrell e Shelley McNamara, è stata comunque coraggiosa a dedicare questa edizione a un argomento così ampio e strategico, non tanto e non solo per i progettisti, quanto piuttosto per tutti coloro che sono destinati a vivere “gli spazi aperti”. Al di là dei progetti presentati a Venezia in un percorso vasto, labirintico, che si snoda, oltreché in città, soprattutto ai Giardini e in quel grande spazio, magico e unico al mondo, che è l’Arsenale, l’impressione generale è di un’immensa mappa di percorsi, anche tra loro contraddittori, comunque utili per definire più concretamente il concetto di “spazio aperto”. È una grande fatica fisica e intellettuale anche solo “gettare lo sguardo” tra un padiglione e un altro; forse avremmo anche noi bisogno di uno “spazio libero”. Siamo talmente bombardati da immagini, informazioni (spesso ripetitive), novità (in primis tecnologiche) che spesso ci manca quella pausa, quell’«intervallo» - come avrebbe detto Gillo Dorfles, rinviando al suo famoso saggio, L’intervallo perduto - per poter avere il tempo di soffermarci e metabolizzare quello che osserviamo.
Ecco, la nostra visita, avendo come riferimento teorico sia il concetto di Dorfles sia, in modo particolare, il modello “indiziario” - ovvero come una sorta di Sherlock Holmes, andare alla ricerca del “colpevole”, della parte per il tutto, perché è sufficiente un indizio pure minimo per capire anche il resto, come propone Carlo Ginzburg con le sue ricerche da archeologo dell’arte -, ha dato una serie di risultati postivi, soprattutto per quanto riguarda itinerari ed esperienze da tenere come una sorta di carta geografica a futura memoria.
Certamente la definizione che le due curatrici offrono ai progettisti è fortemente inclusiva; forse è anche un bene quando non si è in grado, data la complessità del tema, di definire a priori un concetto.

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