Architettura per l'arte
UNA TORRE APERTASUL MONDO
di Aldo Colonetti
Ad aprile di quest’anno si è completata la sede della Fondazione Prada, a Milano, con l’inaugurazione della Torre, opera di Rem Koolhaas con Chris van Duijn e Federico Pompignoli (studio Oma - Office for Metropolitan Architecture). Da maggio 2015 a oggi, attraverso una serie di tappe progettuali, Milano, nella zona sud, tra la circonvallazione urbana esterna e le grandi tangenziali, possiede uno spazio espositivo, di carattere internazionale, dov’è possibile vedere una delle più importanti collezioni d’arte contemporanea, frutto della passione “estetica” di Miuccia Prada e Patrizio Bertelli, coordinata e sorvegliata da Germano Celant.
A questo punto di vista, il ruolo di Rem Koolhaas s’inserisce nella grande intuizione dell’azienda, quando già nel 2001 affida all’architetto olandese il primo epicentro a New York nel Guggenheim Museum Soho di Broadway. L’epicentro (negozio-laboratorio), ricavato da due edifici paralleli ma non simmetrici, è sviluppato su due livelli (il piano terra e quello interrato) collegati da una sorta di onda in legno. Questo spazio è stato progettato per favorire nuove forme d’interazione tra il cliente e la casa di moda, diverse rispetto alla tradizione.
Ma torniamo alla Torre: 60 metri di altezza e nove piani, sei dei quali ospitano sale espositive per un totale di 2.000 metri quadri, mentre sugli
altri tre troviamo un ristorante e servizi per il visitatore. Koolhaas ha disegnato un sistema di distribuzione dei volumi, mettendo al centro il
concetto di “variabile”, applicato alla pianta, all’altezza e all’orientamento: «Metà dei livelli si sviluppa su base trapezoide, gli altri su
pianta rettangolare, mentre l’altezza dei soffitti varia dai 2,7 metri del primo piano agli 8 metri dell’ultimo livello. Infine ho voluto,
utilizzando superfici di vetro e di cemento, dialogare con la città, aprendo alla luce sui lati nord, est e ovest, mentre l’ultima sala espositiva
presenta una fonte di luce zenitale. In questo modo lo spazio urbano della città diventa protagonista, offrendo sia una vista panoramica verso nord
sia una serie di prospettive mirate sul lato est e ovest. Il visitatore è invitato a scegliere il proprio punto di vista, e anche le stesse opere
esposte, mantenendo comunque la propria identità “linguistica”, sono in grado di parlare a ciascuno di noi, perché lo spazio interno permette queste
variabili».

