Tutto ebbe inizio con la sepoltura, ovvero il grandioso monumento funebre che doveva ospitare i resti del vescovo di Roma, pastore supremo della cristianità, il pontefice Giulio II, al secolo Giuliano della Rovere (papa dal 1503 al 1513).
Partendo dalle tormentate vicende di questa ambiziosissima impresa, commissionata a Michelangelo nel 1505, si sviluppa un lungo filo rosso che ci porta a comprendere meglio le possibili relazioni e concordanze con il capolavoro massimo del Buonarroti, l’affresco della volta della Cappella sistina.
Sono gli anni dal 1505 al 1512, il periodo più importante della carriera artistica di Michelangelo. Sono gli anni della tomba “libera” (l’idea originaria del mausoleo di Giulio II prevedeva un monumento a quattro “facce” libero su quattro lati) e della volta della Sistina. In questi fondamentali sette anni l’artista conobbe il fallimento e la gloria che lo rese per sempre immortale.
Non essendo pervenuto a noi nessun documento contrattuale e nessun disegno certamente riferibile al progetto originale, bisogna attenersi alla descrizione di Ascanio Condivi, discepolo e primo biografo del Buonarroti, poi ripresa con qualche differenza da Giorgio Vasari.
La tomba «com’era il primo disegno» narrata da Condivi, grazie alle precise indicazioni di Buonarroti, era concepita come un edificio classico: per dirla con Vasari, un «tempio».
Nel progetto, le statue «legate come prigioni» si articolavano plasticamente e quasi contorcendosi «sporgevano in fuori»; sopra a esse correva «una cornice, che intorno legava tutta l’opera», come quella dipinta da Michelangelo nella volta della Sistina che si dispiegava “intorno” ai grandiosi troni delle Sibille e dei Profeti.
Le statue sarebbero state più di quaranta, alle quali si sarebbero sommati altri rilievi marmorei e bassorilievi bronzei. Di questi ultimi elementi si sa poco, nei tentativi ricostruttivi sono sempre raffigurati come semplici scomparti rettangolari; invece, non si dovrebbe scartare l’ipotesi che questi rilievi fossero in realtà raffigurati anche a guisa di medaglioni sulla scorta di quelli “retti” dagli Ignudi nella volta della Sistina.
