Dentro l'opera LA MOSTRA COME OPERA D’ARTE di Cristina Baldacci Un primo piano su opere meno note dal secondo Novecento a oggi, per scoprirne il significato e l’unicità nel continuum della storia dell’arte: Philippe Parreno, The Crowd Siamo in un grande edificio e un evento è in corso ». Con queste parole, che Philippe Parreno usò nel 1995 per descrivere Snow Dancing, un progetto nato come libro, diventato ipoteticamente un film senza telecamera e poi concretizzatosi in una festa, si potrebbe introdurre anche The Crowd (2015), nonostante il ventennio di distanza che separa le due opere. L’affinità non è casuale: il lavoro di Parreno è infatti strettamente correlato nel tempo, tanto da poter affermare che ogni suo nuovo progetto è una continuazione nel presente di ciò che è stato nel passato e un’anticipazione di ciò che sarà nel futuro. Se è vero che la sua arte coincide con il “da cosa nasce cosa”, è anche vero che si identifica con il fare esperienza e con quel particolare tipo di estetica che Nicolas Bourriaud, proprio intorno a metà anni Novanta, cominciava a chiamare «relazionale». « The Crowd (2015), video digitale, colore, suono, 24 minuti, presentato nell’ambito della mostra Phillippe Parreno (Berlino, Gropius Bau, 25 maggio - 5 agosto 2018). Le immagini di The Crowd non danno tuttavia nessun indizio su quale sia l’evento in corso. Una “folla” di persone tra il concentrato e l’assorto si muove insieme in un ampio spazio. Al di là di qualche cambiamento o sfarfallio di luce e del viavai di suoni e di elementi atmosferici come nebbia e fuoco, che ricordano gli effetti speciali del teatro e del cinema, non sappiamo cosa stia accadendo. L’attenzione è tutta sulle persone, non come individui ma come collettività. A detta di Parreno, The Crowd è «una comunità che viene creata nel tempo» , una comunità ben definita che corrisponde a quella dei visitatori delle sue mostre. Il film è infatti stato girato all’interno del Park Avenue Armory di New York, il monumentale edificio che un tempo ospitava l’armeria cittadina, oggi spazio espositivo, dove nel 2015 si è tenuta H {N)Y P N(Y} OSIS, una delle più grandi retrospettive di Parreno. Durante i preparativi della mostra, circa trecento newyorchesi, alcuni dei quali in stato di trance dopo essersi affidati a un’ipnotizzatrice (da qui anche la scelta del titolo della retrospettiva), sono stati invitati a percorrere e vivere lo spazio mentre l’artista metteva in scena alcuni dei suoi lavori, tra cui proiezioni di film e performance al pianoforte. La telecamera, puntata unicamente su di loro, ne registrava le reazioni mentre osservavano ciò che stava succedendo. In questo modo Parreno è riuscito a creare «uno strano universo parallelo» giocando tra spazio della presentazione (o espositivo) e della rappresentazione (o cinematografico) e trasformando, di conseguenza, gli spettatori in attori. Oltre ad avere visto la mostra prima che ci fosse per davvero, la piccola folla di comparse da lui ingaggiate per produrre il film è diventata protagonista della mostra stessa, nonché anche del suo lavoro in senso stretto. Con questa simulazione, in cui l’artista ha orchestrato come un burattinaio il suo «esercito di topi» - così lui stesso ha chiamato scherzosamente la comunità di The Crowd - in un rituale collettivo all’interno dello spazio espositivo, il risultato raggiunto è stato doppio: insieme al film Parreno ha realizzato anche un’ipotesi di mostra, che si è poi evoluta in una diversa versione (la mostra installata dopo le riprese). (1) (2) Questo procedimento è tipico del suo lavoro. Le mostre di Parreno, che più che essere delle esposizioni di singole opere d’arte sono eventi che si svolgono all’interno di un’istituzione o di un’architettura, non presentano nulla che possa essere considerato oggetto unico e stabile. Per Parreno l’opera d’arte è la mostra stessa, vale a dire il puro e semplice gesto del mostrare. A suo modo, egli prosegue la tradizione avanguardistica dell’unione tra arte e vita e si inserisce nel dibattito che dal minimalismo alla critica istituzionale ha visto nella mostra (e nei vari modi del display) la chiave interpretativa per capire come un’opera produce e acquista significato all’interno del sistema dell’arte. La mostra è per Parreno prima di tutto un sito di produzione permanente ed è anche il luogo dove coesistono, sovrapponendosi, molteplici temporalità che rendono l’esperienza del visitatore un continuo divenire. Quando si entra in una delle sue mostre, ci si trova immersi in una costellazione di immagini e narrazioni che dipendono solo in parte dalla sua volontà. Lo spettatore che si muove all’interno dello spazio produce - insieme alla casualità di certe reazioni automatiche generate da calcoli algoritmici o da speciali automi che Parreno inserisce di proposito come attori indipendenti - una sorta di “editing” o montaggio visivo in tempo reale che condiziona la visione e comprensione della mostra-opera. Oltre a uno spazio di produzione che sostituisce lo studio, dove secondo l’artista non c’è futuro, in quanto luogo di pratica solitaria e non relazionale, la mostra è per Parreno un’entità vivente dotata di un suo proprio ciclo evolutivo, quasi biologico. Questa sua convinzione, che riecheggia il pensiero di due rivoluzionari storici dell’arte, George Kubler e Aby Warburg, rende la mostra, quindi l’arte stessa, il luogo prediletto del rinnovamento perpetuo delle forme nel tempo. Seguendo questo principio, le singole opere sono per Parreno i resti di un impulso vitale che gli oggetti non possono incarnare ma solo ospitare, come se fossero conchiglie. Ciò che invece per lui è cruciale, è l’effetto che le opere producono quando sono giustapposte ed entrano in relazione nel contesto specifico della mostra. Come per gli spettacoli teatrali e circensi dell’Ottocento, dove apparizioni, suggestioni, illusioni meccaniche e meraviglie di ogni tipo coesistevano simultaneamente senza gerarchia, le mostre di Parreno si basano su una sceneggiatura fatta di ripetizioni e ricorrenze, ma anche di imprevisti e casualità. A un certo punto, quando l’artista-regista accende le luci, lo spettacolo inizia e, indipendentemente da quando il visitatore arriva, trova sempre qualcosa di diverso da vedere. Si veda Philippe Parreno: H {N)Y P N(Y} OSIS / Hypothesis, catalogo della mostra (New York, Park Avenue Armory, 11 giugno - 2 agosto 2015), a cura di A. Lissoni, Milano, 2017, p. 209. (1) Ivi, p. 344. (2)