Grandi mostre. 1 
Osvaldo Licini a Venezia

ERRANTE,
EROTICO,
ERETICO

Si è nutrito di simbolismo e surrealismo francese ma nel suo percorso artistico troviamo anche tracce di futurismo, impressionismo, postimpressionismo e astrattismo. Difficile, dunque, definire in modo univoco Osvaldo Licini, omaggiato, a sessant’anni dalla sua scomparsa, con una retrospettiva alla Peggy Guggenheim Collection.


Sileno Salvagnini

Osvaldo Licini è morto l’11 ottobre 1958, lo stesso giorno e lo stesso anno del grande artista fauve francese Maurice de Vlaminck. Anche se non si conoscevano, i due ebbero vite in un certo qual modo parallele: entrambi infatti in un determinato momento della loro attività preferirono ritirarsi a meditare sulla pittura, in campagna il pittore francese, nella natia Monte Vidon Corrado (Fermo) l’artista italiano. Chi era Licini? Nato nel 1894, visse gran parte dell’infanzia con i nonni, essendosi i genitori trasferiti per lavoro a Parigi nel 1902. Sei anni più tardi (1908) si iscrisse all’Accademia di Bologna, trovando come compagni di corso Giorgio Morandi e Giacomo Vespignani, che diventarono i protagonisti dei Racconti di Bruto, romanzo giovanile che non avrebbe poi pubblicato. Si diplomò nel 1914 al Corso speciale di figura - cioè pittura - dell’Accademia di belle arti di Bologna e, l’anno dopo, si iscrisse all’Accademia di Firenze, scegliendo, questa volta, il corso di scultura.