Chi abbia assistito, in un’isola tropicale, al volo libero e chiassoso dei pappagallini, non lo può dimenticare: di solito volano a coppie, appena sopra le palme, e sembrano nuvolette variopinte. Ma è una visione rara. Il pappagallo di questa storia è più che raro, è in via d’estinzione. È un lorichetto di Kuhl (“Vini kuhlii”, come lo classificò l’ornitologo Nicholas Vigors, 1824). Misura circa 19 centimetri, ha una cresta smeraldina e viola, ali verdi e ventre rosso carminio o rosavioletto. Era già raro nel XVII secolo, quando si suppone che una delle sue minuscole piume (lunga 15 millimetri), nella minuscola isola polinesiana di Rurutu (32 chilometri quadrati), sia stata depositata all’interno di un idolo: il cosiddetto A’a, raffigurante una divinità ancestrale (“atua”). Il reliquiario (alto 117 cm), al British Museum di Londra dal 1890, in questi giorni è alla mostra Oceania della Royal Academy (vedi pp. 50-53). È in legno di sandalo (albero che a Rurutu nessuno ha mai visto), ed è il più noto antico capolavoro polinesiano. Somiglia a un gigantesco fallo antropomorfo. A parte braccia e organi genitali (questi ultimi tagliati da qualche missionario), gli altri elementi del corpo sono costituiti da decine di idoletti, come se gli “atua” fossero replicati su tutto il corpo, in pose diverse. Il più grande forma la lunga barba, altri indicano occhi, orecchie, naso, bocca, ombelico: alcuni eretti, con braccia al petto, una mano alla gola (a significare la dote di recitante), altri con gambe divaricate e addome gonfio, ruotati in modo innaturale a mostrare i glutei.
L'oggetto misterioso
L’IDOLO
E IL PAPPAGALLO
di Gloria Fossi