All’inizio dell’autunno, il Museo del Novecento di Milano e il Mart - Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto hanno presentato due grandi mostre collaterali e complementari dedicate all’intellettuale e critica d’arte Margherita Sarfatti, importante protagonista della cultura italiana del secolo scorso, sulla quale per molti decenni hanno pesato l’ombra dell’ideologia fascista e l’oblio della “damnatio memoriae”. Le due esposizioni, accompagnate da un unico catalogo, colmano una lacuna della storia dell’arte italiana del XX secolo. Nel ventennio tra le due guerre l’arte europea è segnata da razionalismi, funzionalismi e neoclassicismi, correnti volte a superare l’eversività e gli astrattismi delle avanguardie del primo decennio del secolo e a promuovere un ritorno all’ordine.
In Italia la Sarfatti nel 1922 espone a Milano, presso la prestigiosa galleria di Lino Pesaro, le opere di sette giovani artisti: Bucci, Dudreville,
Funi, Malerba, Marussig, Oppi, Sironi, gli iniziatori del movimento artistico Novecento volto al recupero del canone classico con il ritorno alla
composizione equilibrata, alla figura che recupera un impianto volumetrico spesso legato alle opere di Masaccio e di Piero della Francesca. In bilico
tra ebraismo e cristianesimo, il pensiero estetico della Sarfatti è ancorato al valore dell’eterna bellezza, quale emanazione del divino che si
manifesta nell’arte italiana antica e rinascimentale sensibile all’armonia e alla sintesi. Margherita Grassini, figlia di genitori di origine israelita,
nasce a Venezia nel 1880. Dopo il matrimonio con l’avvocato Cesare Sarfatti, militante nel Partito socialista, nel 1902 si trasferisce a Milano, dove
trova un clima culturale e sociale congeniale ai suoi interessi. Inizialmente collabora con Anna Kuliscioff ed Ersilia Majno per promuovere
l’emancipazione femminile. Nella sede del quotidiano “Avanti!” nel 1912 conosce Benito Mussolini. Tra lei e il futuro duce nasce una relazione
sentimentale accompagnata da un progetto politico condiviso per rimettere in piedi l’Italia dopo l’impresa bellica e la crisi del riformismo
giolittiano. Agli inizi degli anni Venti il salotto dell’abitazione della Sarfatti, il più esclusivo di Milano, è frequentato da un’élite di artisti,
intellettuali, letterati ed esponenti di spicco del mondo politico.