Si potrebbe proprio parlare del Gran teatro del mondo per l’opera pittorica di Max Beckmann (Lipsia 1884 - New York 1950). Titolo ripreso dalla “pièce” teatrale scritta da Pedro Calderón de la Barca tra il 1633 e il 1636. Lo aveva notato Stephan Lackner, amico e critico dell’artista. E aveva ragione. Lo scenario che lascia Beckmann, con decine di capolavori, è quello di un’umanità impazzita tra le due guerre del Novecento, violenta e brutale. Dipinta e schizzata con segni crudi, spigolosi, di un realismo espressionista spietato. Nessuno come lui inscena obitori, mostruosità, aberrazioni. Un’arte di grande impatto e originalità, bollata come «degenerata» da Hitler nel 1937, ma già osteggiata nel 1933 quando i nazisti chiusero una sala dedicata alle sue opere nel Kronprinzenpalais di Berlino. In quell’anno Beckmann era stato anche licenziato dalla Städelschule di Francoforte.
Grandi mostre. 4
Max Beckmann a Mendrisio
IL GRAN TEATRO
DEL MONDO
Il suo linguaggio è sfaccettato al pari del suo immaginario popolato da artisti come Cézanne, Munch, El Greco, Botticelli e autori tedeschi e fiamminghi del Quattrocento. È così che Max Beckmann passa da un espressionismo radicale e crudo a scene dove dominanti sono la sensualità e la solarità.
Maurizia Tazartes