Cortoon


MIYAZAKI, LO STREGONE
APPRENDISTA

di Luca Antoccia

Mettete il più grande animatore “a mano” della storia del cinema moderno, aggiungete la promessa fatta di ritirarsi a settantacinque anni. Inserite la tentazione di trasgredire in seguito con un corto e perdipiù interamente realizzato in Cgi (Computer Generated Imagery). Avrete la base di un documentario che è questo Never-Ending Man. Hayao Miyazaki, prodotto dalla Nhk, televisione giapponese, e distribuito da Nexo Digital e Dynit. Se poi aggiungete che il maestro vorrebbe che gli allievi lo superassero per convincersi che fa bene a ritirarsi ma che allo stesso tempo vorrebbe batterli per mostrare che il talento non invecchia, avrete l’abbozzo di un film parallelo molto meno contingente, purtroppo poco sviluppato. È infatti una lotta interiore quella che avviene nel grande regista. Vorrebbe continuarsi nei suoi allievi dello studio Ghibli che lavorano con la Cgi, che vanno pazzi per l’ultimo Star Wars, e sono entusiasti che tra cinque-dieci anni un programma di intelligenza artificiale (Deep Learning) potrà creare da solo immagini. Ad Hayao Miyazaki invece, profondo umanista ed ecologista, sembrano avvisaglie della fine dell’umano. E poi mentre critica i suoi allievi si vede nei panni del mostro della Città incantata. Boro il bruco (il protagonista dell’omonimo corto presentato a marzo 2018) si muoveva inizialmente senza naturalezza: «Penso che gli animatori Cgi si concentrino troppo sul movimento del personaggio e poco sulla sua volontà; è da lì che parte tutto».