Grandi mostre. 5
Paul Klee a Milano

TECNICA
E RITO

Nelle sue opere Paul Klee mette in atto un complesso gioco di ripetizioni, variazioni, scomposizioni che si configurano come un rituale volto a recuperare una religiosità “mistica” e primigenia. Ce ne parla in queste pagine uno dei due curatori della mostra al Mudec dedicata all’artista.


Michele Dantini

«Sono sempre stato attratto dall’inno, dal rituale nella letteratura, dall’incantesimo delle parole ripetute e come cantate. La pompa e il rito letterari li ritrovai trasposti nei mosaici bizantini, che fin d’allora mi misi a studiare». Queste parole di Bernard Berenson, storico dell’arte e scrittore, sembrano calzare a proposito anche per Paul Klee, che di Berenson era più giovane di quattordici anni. Anche Klee (1879-1940) è un cultore degli inni sacri di tradizione sia greca che ebraica o cristiana, che cerca di tradurre in termini visivi; del “canto fermo” medievale e dei mosaici bizantini, alla cui reinvenzione dedica interi cicli di opere. E condivide con Berenson l’interesse per l’arte che si coniuga al “rito” e all’adorazione religiosa. Il suo non è l’atteggiamento del credente ortodosso, che aderisce al culto. Educato in giovinezza alla fede protestante, Klee mantiene tuttavia vivo il senso religioso nel corso di tutta la sua attività. L’interesse per i mosaici, le miniature, gli evangeliari, le gemme incastonate e i reliquiari, per i tappeti islamici da preghiera o i tessuti copti (a una data più tarda) discende in lui non solo da preoccupazioni di tipo estetico-religioso, ma da concrete esigenze figurative. Nelle arti applicate, particolarmente se volte al servizio della liturgia, trova quella consacrazione dell’attività dell’artista, quel pieno “assorbimento” nel proprio compito di cui è in cerca. Un problema di “ingenuità” ritrovata o da ritrovare, se vogliamo: l’artista-artigiano, agli occhi di Klee, non deve preoccuparsi di escogitare temi o “motivi”, perché è la tradizione che li detta. Opera all’interno di una comunità, in pieno accordo con essa. Di conseguenza non subisce i capricci dell’ispirazione né conosce “impasse” creativa: crea come a occhi chiusi.