Storie a strisce
IL FUMETTISTA
DI REBIBBIA
di Sergio Rossi

Locandine per centri sociali e pagine a fumetti per libri e riviste come “Internazionale”, “L’Espresso” e “Best
Movie”. E poi ancora copertine per Dylan Dog, i manifesti per le assemblee pubbliche, un murale alla stazione della metropolitana di
Rebibbia (Roma) per accogliere i pendolari, gli schizzi realizzati da Michele Rech, in arte Zerocalcare, in occasione dei viaggi in Siria, Turchia e
Iraq, sul fronte della guerra dei curdi contro l’Isis, diventati poi la base per Kobane Calling, reportage bestseller in Italia e in
Francia, e gli schizzi prodotti in treno tornando da una qualsiasi presentazione prolungata fino all’alba per lasciare a tutti i partecipanti un
“disegnetto”, come li chiama lo stesso autore. C’è tutto questo e molto altro nella mostra dedicata a Zerocalcare, Scavare fossati.
Nutrire coccodrilli (fino al 10 marzo), al Maxxi - Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma. Il percorso espositivo, diviso in
quattro sezioni, racchiude l’opera prodotta fino a oggi dall’autore: “Pop”, “Tribù”, “Lotte e resistenze”, “Non-reportage”. Un evento che è la
celebrazione non solo di un autore diventato in pochi anni un punto di riferimento per lettori ed editori, ma anche di quella cultura spesso
definita “antagonista” perché nata nei centri sociali mescolando insieme politica, coscienza sociale, letteratura, musica e grafica, e poi diffusa
in una galassia di gruppi, esponenti e movimenti anche in lite tra loro (come racconta Claudio Calia nel suo contributo pubblicato nel catalogo
della mostra, edito da Bao Publishing).
In generale gli spazi museali non sono nuovi al fumetto, ma stavolta è diverso: Zerocalcare non è
ancora un “venerato maestro” ma l’autore che, più di tutti gli altri, ha saputo intercettare e raccontare i sentimenti e gli umori dei suoi coetanei
(è nato a Cortona nel 1983) e delle generazioni nate a cavallo del millennio. Sono quelle generazioni cresciute mescolando serie tv, cartoni animati
giapponesi, social network, Erasmus e voli aerei low cost, che hanno attraversato la linea d’ombra nella tragedia del G8 di Genova nel 2001, e che
ora si trovano a vivere una vita precaria, negli affetti come nel lavoro, e a pagare il prezzo di una crisi economica, politica e sociale creata dai
loro genitori e dai fratelli maggiori.