Mai prima d’ora la scultura lignea di Anton Maria Maragliano (Genova, 1664-1739) era stata oggetto d’una mostra monografica: la si è organizzata, a partire dall’autunno dello scorso anno, negli ambienti del teatro del Falcone di Palazzo reale a Genova, con la curatela di Daniele Sanguineti e la direzione di Luca Leoncini. Recente è l’attenzione che il pubblico ha cominciato a rivolgere alla scultura lignea policroma, considerata per lungo tempo una sorta di “sorella minore” della scultura in marmo: la rassegna su Maragliano, che della scultura in legno fu il massimo interprete in Liguria negli anni a cavallo tra Sei e Settecento (tanto che, ricorda Luca Leoncini, in passato gli sono state attribuite persino opere ottocentesche e anche più tarde), arricchisce gli studi sulla materia con un progetto d’altissimo livello. L’esposizione s’apre con una contestualizzazione storica: le opere di Giovanni Battista Bissoni, Marco Antonio Poggio, Giovanni Andrea Torre e Giuseppe Maria Arata creano un breve quadro della scultura lignea precedende mostrando come quest’arte vantasse in Liguria una solida tradizione. Ci s’addentra dunque entro i tempi e i luoghi della formazione dell’artista e s’apprende di come il suo orgoglio fosse già in giovane età tale da portarlo a rifiutarsi d’iscriversi alla corporazione dei “bancalari” (i falegnami), alla quale gli scultori del legno erano tenuti ad affiliarsi: Maragliano riteneva che la sua fosse l’arte più nobile, e non voleva fosse equiparata all’attività dei costruttori di mobilia e barili. S’ammirano quindi i suoi primi gruppi documentati (il San Michele e il San Sebastiano per le confraternite di Celle Ligure e di Rapallo, scolpiti l’uno nel 1694, l’altro nel 1700) e s’apprezza l’evoluzione del suo linguaggio barocco: un corridoio colmo di crocifissi (che i biografi indicano come sue prime immagini) ci porta alle sale dove si dispiegano i suoi più incredibili capolavori, fino alle fasi estreme della sua carriera.
