Grandi mostre. 2 
Futuruins a Venezia

SULLE MACERIEDELLA MEMORIA

Dall’antichità all’arte contemporanea, il focus dell’esposizione è sulla fascinazione senza tempo per le rovine, patrimonio del passato e prezioso fondamento per costruire il futuro, incrociando letteratura, storia dell’arte, fotografia, archeologia, architettura e filosofia.

Elisa Fulco

Si intitola Futuruins la mostra in corso sino al 24 marzo a Palazzo Fortuny a Venezia, che racconta l’attrazione senza tempo per le rovine del passato e del presente attraverso un originale percorso espositivo che dall’antichità approda alla contemporaneità. Nata dalla collaborazione tra la città di Venezia, la Fondazione Musei civici di Venezia e l’Ermitage di San Pietroburgo, l’esposizione, curata da Daniela Ferretti, Dimitri Ozerkov e Dario Dalla Lana, ospita duecentocinquanta opere provenienti dai Musei civici veneziani, da collezioni pubbliche e private, italiane e internazionali, e dall’Ermitage. Il museo di San Pietroburgo, per l’occasione, ha prestato oltre ottanta capolavori di artisti quali Albrecht Dürer, Jacopo e Francesco Bassano, Parmigianino, Paolo Veronese, Alessandro Algardi, compresa l’opera simbolo di Caspar David Friedrich, Il sognatore, icona del gusto ottocentesco venato di malinconia, che ha dato il via al fascino romantico esercitato dalle rovine. 

La mostra è un viaggio nel tempo che guida il visitatore alla scoperta di storie di “ruderizzazione”, creando parallelismi tra ruderi e scheletri, tra le rovine architettoniche e il corpo, con citazioni letterarie e filoso fiche che, puntellando il racconto, funzionano come metafore dell’eterna dialettica tra natura e cultura e del tempo che trasforma e distrugge. 

La scrittrice Marguerite Yourcenar non a caso ci ricorda che «un corpo scabro somiglia a un blocco sgrossato dalle onde; un frammento mutilo si differenzia appena dal sasso o dal ciottolo raccolto su una spiaggia dell’Egeo». La scelta curatoriale è stata quella di selezionare opere di epoche diverse e dai linguaggi trasversali - arte, grafica, scultura, arti decorative, fotografia -, accostate per temi e per associazioni visive giocate sull’analogia o piuttosto sul contrasto: dai resti architettonici e scultorei delle civiltà greco-romana, egizia, assirobabilonese e siriana, all’installazione ambientale di Anne et Patrick Poirier (realizzata appositamente per gli spazi di Palazzo Fortuny), ai paesaggi con figure che citano le rovine della cultura classica in un percorso che dal Medioevo al Rinascimento conduce all’Ottocento, all’avanguardia novecentesca e alla ricostruzione per frammenti offerta dalle due opere di Giorgio de Chirico e Alberto Savinio: rispettivamente Gli archeologi e Apollo, in cui il mito si veste di citazioni, di particolari architettonici, di stratificazioni che si indossano come una seconda pelle.


Caspar David Friedrich, Il sognatore (Rovine del monastero di Oybin) (1835 circa), San Pietroburgo, Ermitage.