Architettura per l'arte
COME UNA SCOGLIERASUL FIUME
di Aldo Colonetti
I musei sempre più affidano agli architetti il ruolo di ambasciatori quando decidono di aprire spazi espositivi collegati a quelli originari. Basti pensare al Guggenheim e al Louvre, rispettivamente nei progetti di Frank Gehry a Bilbao e di Jean Nouvel ad Abu Dhabi.
Anche per quanto riguarda l’ultima opera di Kengo Kuma, a Dundee, in Scozia, si tratta di una sede “periferica”, in questo caso del V&A - Victoria and Albert Museum di Londra. La progettazione di nuovi avamposti è un tema delicato perché non sempre la relazione tra la storia dell’istituzione, i suoi contenuti, la sua architettura tiene conto della specificità dei luoghi dove gli stessi avamposti saranno realizzati. In tal senso, il più delle volte la committenza gioca un ruolo fondamentale.
Nel caso del V&A Dundee siamo di fronte a un’esperienza esemplare; è il primo lavoro del grande architetto giapponese in Gran Bretagna - a seguito della vittoria al concorso internazionale bandito nel 2010 su centoventi proposte concorrenti - tra i più coerenti rispetto alla sua ricerca nell’ambito dei materiali costruttivi e della “scienza delle costruzioni” e, nello stesso tempo, rispettoso sia del contesto sia della funzione culturale di un museo.
Dundee è una cittadina situata sulla sponda nord dell’estuario del fiume Tay, intorno il paesaggio è quello tipico della scogliera scozzese: un “waterfront” di duecentoquaranta ettari, dove si colloca l’edificio che si sviluppa per quasi ottomilacinquecento metri quadrati, con gallerie destinate a esposizioni temporanee e permanenti (Scottish Design Galleries). Il tutto risolto, sul piano compositivo, attraverso la realizzazione di due piramidi rovesciate connesse al piano superiore (dove si trovano le gallerie) e separate al piano terra così da formare una sorta di grande arco che incornicia la vista del fiume Tay. Scelta, quest’ultima, che rappresenta un riferimento al Royal Arch costruito nelle vicinanze del museo per dare il benvenuto, in città, alla regina Vittoria e al principe Alberto nel 1844, poi abbattuto per realizzare il ponte che attraversa il Tay.
«È stato un cantiere durato otto anni, in stretta collaborazione con la società di ingegneria Arup; collaborazione che ha permesso alla mia visione architettonica di trasformarsi in una forma scultorea dinamica, che unisse natura e architettura, l’acqua con la città, nel rispetto degli elementi costruttivi e delle funzioni di un grande museo dedicato al design», commenta lo stesso Kuma.
