Secondo l’Istat, l’Istituto di statistica, in Italia esistono quasi cinquemila musei, monumenti e aree archeologiche; almeno sessantasettemila chiese (ma per qualcuno, centomila); forse un migliaio di centri storici antichi; oltre quarantamila tra castelli e rocche; e almeno quattromilacinquecento residenze degne di tutela: tanti sono infatti gli iscritti all’Adsi, l’Associazione delle dimore storiche. Edifici celebri, come palazzo Colonna a Roma, che oltre ai saloni e alla celebre galleria, soltanto nelle stanze già della principessa Isabella sciorina, come nessun altro, trentanove dipinti di Gaspar van Wittel; o la Villa del principe a Genova, che Andrea Doria fece affrescare da Perin del Vaga, collaboratore di Raffaello a Roma.
Ma anche luoghi assai meno noti: chissà quanti conoscono, per esempio, il castello di Massazza, vicino a Biella; quello di Tabiano, a Salsomaggiore;
in provincia di Bari, la masseria Spina, di Monopoli; il settecentesco giardino di villa Garzoni a Collodi, la città di Pinocchio nel Pistoiese.
Spesso, appartengono a famiglie che compiono notevoli sforzi per mantenerli e magari aprirli al pubblico: «Oltre duecentonovantunmila visitatori nel
2018», spiega Gaddo della Gherardesca, «toscano da trentaquattro generazioni», castello di famiglia a Castagneto Carducci (quello del conte Ugolino
di dantesca memoria), nel Livornese, 5.400 metri quadrati coperti, che presiede l’Adsi, fondata nel 1977.
«Nel decennio fino al 2017, i privati
che possiedono residenze storiche hanno investito una trentina di miliardi di euro in manutenzione: nove di spese ordinarie, e gli altri per
interventi straordinari», dice un documento dell’Adsi. Il problema è che, fino al 2012, avevano diritto a un contributo del Ministero dei beni
culturali su questi lavori: un bonus del trenta per cento, abolito dal governo Monti che ha anche sospeso i pagamenti già in corso. «I proprietari
sono oggi dei forti creditori; io per esempio, dal 2005, di ottantamila euro». La legge di bilancio per il 2018 ha reperito centottanta milioni per
interventi dichiarati ammissibili dallo Stato entro il 2012, e ha riattivato la possibilità di chiedere contributi; ma stanzia appena dieci milioni
in tutto per il 2019; e il doppio per il 2020. «E così, gli interventi sulle residenze sono diminuiti, anche per questo; nel biennio dal 2015, del
trentasette per cento quelli sui castelli, e del quarantatre quelli sulle ville».