Fondata nel 1984, la Biennale dell’Avana è stata tra le prime manifestazioni a cadenza ciclica a offrire uno sguardo riservato all’arte dell’America Latina, dei Caraibi, dell’Africa, dell’Asia e del Medio Oriente in una prospettiva anticapitalista (l’arte prodotta in Occidente è stata inclusa soltanto a partire dal 2009).
Normalmente organizzata dal Centro de Arte Contemporáneo Wifredo Lam, la Biennale avrebbe dovuto inaugurare la sua tredicesima edizione nel 2018, ma è stata cancellata a causa delle difficoltà e dei danni procurati dall’uragano Irma.
O almeno, questa è stata la spiegazione ufficiale, alla quale è seguita una crescente repressione del governo verso la libertà artistica, che a maggio scorso ha portato alle azioni contro la #00Bienal de La Habana - evento organizzato e gestito autonomamente dagli artisti in alternativa alla mostra annullata - e a dicembre all’approvazione del decreto 349. Questo provvedimento, il primo firmato dal neopresidente Miguel Díaz-Canel, dopo il lungo governo Castro, è for temente repressivo, nonostante sia stato presentato come cautelare. Stabilisce infatti che gli artisti, prima di poter esporre o vendere le loro opere a Cuba, ottengano l’approvazione del Ministero della cultura.
La protesta non si è fatta attendere e ha portato a episodi di controllo anche eclatanti, come l’arresto plurimo, nei giorni dell’approvazione del decreto, di Tania Bruguera. L’artista e attivista cubana, che di recente è stata scelta per la prestigiosa Hyundai Commission nella Turbine Hall della Tate Modern, era già stata fermata nel 2014, mentre tentava di rimettere in scena la performance Tatlin’s Whisper, presentata alla Biennale dell’Avana nel 2009. Il “re-enactment” della performance avrebbe permesso al pubblico di salire su un podio e parlare liberamente per un minuto in uno dei luoghi più simbolici della città, plaza de la Revolución.
È in questo clima politico, ancora assai più autarchico che liberale, che il 12 aprile dovrebbe finalmente inaugurare la nuova edizione della Biennale, il cui titolo, La construcción de lo posible, rivela le perplessità, ma anche le speranze, verso il futuro (il sito ufficiale non è più in funzione e, per il momento, è stato sostituito da un sito indipendente). La mostra sarà allestita in varie sedi e lo spazio prediletto rimarrà, come nelle precedenti edizioni, quello pubblico; in particolare, il lungomare del Malecón, dove si terrà la collettiva Detrás del Muro; la calle Linéa, arteria urbana di quasi tre chilometri che ospiterà numerosi altri progetti; e la fortezza di Morro-Cabaña, che invece accoglierà la rassegna Zona Franca.
Una novità italiana: la Galleria Continua ha proposto i progetti di Leila Alaoui, Moataz Nasr e dodici artisti cubani (tutti rappresentati dalla galleria) che sono stati accolti all’interno del contesto della Biennale dell’Avana. Faranno inoltre parte del circuito della Biennale i progetti collaterali organizzati da Galleria Continua di Zhanna Kadyrova, José Yaque, JR e Michelangelo Pistoletto (sotto il cappello di Rebirth Embassy / Third Paradise Project Cuba).