Le fotografie di Inge Morath, prima di ogni cosa, sono la testimonianza di un rapporto, di una passione, di una necessità consolidatasi con questo meraviglioso strumento meccanico chiamato macchina fotografica. Un rapporto maturato negli anni attraverso esperienze e incontri, nonché parte integrante della vita di una donna che è riuscita, con coraggio e determinazione, ad affermarsi in una disciplina allora prettamente maschile. Un lavoro, il suo, sempre baciato dalla riconoscenza verso questa sco perta espressiva, come lei stessa evidenzia: «Nel mio cuore voglio restare una dilettante, nel senso di essere innamorata di quello che sto facendo, sempre stupita delle infinite possibilità di vedere e usare la macchina fotografica come strumento di registrazione». La macchina fotografica diventa, per lei, quasi uno strumento magico per ricercare risposte profonde e lontane: «La chiusura dell’otturatore è un momento di gioia, paragonabile alla felicità del bambino che in equilibrio in punta di piedi, improvvisamente e con un piccolo grido di gioia, tende una mano verso un oggetto desiderato».
Inge Morath nasce in Austria, nel 1923, nella città di Graz. Dopo gli studi in lingue a Berlino, lavora prima come traduttrice, poi come giornalista e redattrice per “Heute”, una pubblicazione di servizi di informazione con sede a Monaco. Questa sua esperienza legata alla scrittura le permetterà di coltivare una duplice sensibilità sia rispetto alle parole che alle immagini. Per tutta la vita infatti sarà una prolifica autrice di diari, lettere e racconti.
Amica del fotografo austriaco Ernst Haas, collabora con lui realizzando degli articoli di accompagnamento per alcune sue fotografie. All’epoca il lavoro di Haas era salito alla ribalta per un toccante lavoro sulle donne che, nella stazione di Vienna, andavano incontro ai treni dei reduci di guerra.
Le fotografie fecero il giro del mondo e gli fruttarono un invito a unirsi allo staff della rivista “Life”, che Haas però declinò. Quelle stesse fotografie colpirono anche Robert Capa - impegnato in quegli anni nell’avvio di Magnum Photos -, che lo invitò a visitare la sede di Parigi dell’agenzia.
