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UN INNOVATIVOVISIONARIO

di Daniele Liberanome

Se sulla sua vita ci sono ancora zone d’ombra, sulla sua arte non ci sono dubbi né incertezze: oggi, come quarant’anni fa, le opere di Vincent van Gogh raggiungono cifre stratosferiche

Artista fra i più apprezzati dai collezionisti, Vincent van Gogh (1853-1890) deve fin troppa celebrità alle traversìe della sua vita. L’amputazione dell’orecchio da alcuni studiosi attribuita a Gauguin, da altri provocata dallo stesso Van Gogh, il lungo soggiorno nel manicomio di Saint-Paul nei pressi di Saint-Rémy-de-Provence, il suicidio con un colpo di pistola al petto oppure, forse, l’uccisione accidentale dell’artista per una pallottola sparata da un sedicenne sono solo alcuni degli episodi “noir” universalmente noti. E poi la difficoltà nei rapporti sociali, eccezion fatta per il fratello, e il valore infimo dei suoi quadri, quando era in vita, contribuiscono a circondarlo di un’aura da pittore maledetto che tanto piace. Si rischia così di mettere in un pur minimo cono d’ombra la grandezza dell’artista, la sua creatività, il lascito alle future generazioni, il fascino che esercitano i suoi quadri anche oggi al di fuori di ogni storia da romanzo d’appendice. 

Vale la pena ricordare che quando dipinse La camera di Vincent ad Arles con un utilizzo concomitante di piani diversi, che fa già pensare al cubismo, e di colori densi e brillanti, che si ritrovano non prima dei Fauves di inizio Novecento, eravamo nel 1888, mentre il mondo dell’arte viveva ancora di ritratti accademici di borghesi. 

Perfino la punta più avanzata, gli impressionisti, erano dediti perlopiù a paesaggi realistici con particolare attenzione alla resa del colore o a ritratti estremamente interessanti ma con un’introspezione e un coinvolgimento assai più debole dei Van Gogh del tempo.


Contadino in un campo (settembre 1889).