Più energia e (molto) meno paesaggio? Il dilemma fa discutere: tanti ritengono che impianti e strutture per sfruttare al meglio l’eolico, la
potenza del vento, finiscano spesso per compromettere panorami perfino unici e inarrivabili. Esistono fotografie terribili, in cui enormi pale
(spesso, però, anche ferme) si trasformano nel fondale di uno dei nuraghi più belli e maestosi in tutta la Sardegna: quello di Santu Antine a
Torralba (Sassari), che precede Cristo di quindici secoli; la cresta di monti che è alle sue spalle è pervasa da almeno quindici enormi
attrezzature che riusano la forza del vento. In un’altra, una veduta non meno raccapricciante ma che, per fortuna, è solo il “rendering” di
un progetto scongiurato dopo quattro anni di proteste: a Orvieto, avrebbero mutato il panorama del duomo eretto nel 1290, il capolavoro di Lorenzo
Maitani, “caput magister” dal 1310, sorto coinvolgendo l’intera città, grazie a un documento fiscale che nel 1292 censiva e tassava cinquantamila
terre di seimila proprietari, i quali contribuirono così a costruirlo, in proporzione alla propria ricchezza. Prevedeva pale alte il doppio
dell’immenso, sacro edificio. E sempre a proposito di scampati pericoli, un’altra iniziativa è stata evitata in vista di una città romana
abbastanza unica, Sepino nel Molise, che, tra l’altro, conserva la cinta delle mura e un magnifico teatro del II secolo a.C.: l’ha annullata
l’attuale direttore generale delle Arti al Ministero dei Beni culturali, Gino Famiglietti, quando era soprintendente.
In Sardegna, Guido
Pegna, dell’Università di Cagliari, sostiene che l’isola «è diventata il più grande parco eolico d’Italia: 950 megawatt, quasi quanto la potenza
di picco dell’intera Sardegna prima della crisi economica ». Ha protestato pure Tuscania (Viterbo). E chissà se l’energia prodotta è sufficiente
per giustificare tante e tali devastazioni: forse, no.
