Immergersi nell’opera di Lygia Pape (1927- 2004), fare proprie le ragioni delle sue scelte, condividerne la visione del mondo e lasciarsi andare alla sua ricerca così feconda e composita è un po’ come accostarsi ai misteri eleusini. Misteri senz’altro intesi a essere non tanto svelati, quanto identificati e affidati a una riflessione collettiva, qual è appunto il caso della mostra che queste pagine raccontano.
L’essenza del rito, il gesto puro, l’evocazione dell’ambivalenza, l’origine e il fine dell’Io rispetto alla Natura. Questi i valori di riferimento che
ricorrono nella costruzione della poetica di Lygia Pape e che in egual misura ritroviamo racchiusi nel più noto e misterioso tra i culti religiosi
dell’antica Grecia: quei misteri, celebrati ogni anno nella città di Eleusi, che ruotavano attorno al mito del ratto di Persefone, portata via alla
madre Demetra da Ade, re degli Inferi. Al ricongiungimento ciclico di madre e figlia, cui seguiva il ritorno di quest’ultima al regno sotterraneo,
corrisponde nel suo simbolismo l’avvicendarsi delle stagioni, con il rifiorire della terra che si alterna al riposo. Il ciclo delle messi è anche quello
dell’uomo, in un gioco di opposti in cui vita e morte, veglia e sonno, interno ed esterno sono privati della connotazione positivo/negativo e ricevono
definizione da un sistema di palese ambivalenza che non ostacola o interpone nozioni, ma le abbraccia creando una dimensione di potenzialità che
trascende gli assunti comunemente accettati espressi dal dualismo.
Lygia Pape si muove caparbiamente fra i contrasti, coabitandoli, occupando nello stesso momento lo spazio di ciò che è e di ciò che non è, gli spazi
positivi e quelli negativi, le dimensioni del materiale e dell’intangibile. Secondo Hélio Oiticica, artista suo contemporaneo e come lei esponente del
neoconcretismo, Lygia Pape viveva sempre sul margine, alludendo non a un suo permanere in uno spazio liminale, de-centrato e incapace di acquisire piena
dignità, bensì alla capacità di abitare di pari passo su versanti opposti, di non avere limiti nel suo lavoro e di non poter così essere incasellata in
classificazioni e designazioni predefinite(1).