La Collezione Casamonti ha aperto al pubblico, a Firenze, nel marzo 2018: trascorso poco più di un anno, può tracciare un primo bilancio?
È
un bilancio più che positivo: abbiamo avuto quasi trentamila visitatori, un grande successo per un museo privato, un successo insperato, e di questo
siamo molto felici. Ora che inauguriamo la seconda parte della collezione (la prima va dagli inizi del XX secolo agli anni Sessanta, la seconda invece
va dagli anni Sessanta agli inizi del XXI secolo) vogliamo proporre al pubblico uno specchio di quanto avvenuto nella seconda metà del Novecento, con
un’indagine che coinvolge sia l’Italia (dall’Arte povera alla Transavanguardia, per esempio), sia l’estero (artisti come Basquiat, Kiefer, Cragg e
altri). Al rinnovo della collezione segue poi il secondo volume della pubblicazione Collezione Roberto Casamonti. Un secolo d’arte che, come il primo,
sarà curato da Bruno Corà e verrà pubblicato in un cofanetto che riunirà i due volumi e offrirà ai lettori un “excursus” delle opere esposte a Firenze
nel palazzo Bartolini Salimbeni.
Il rinnovo, abbiamo detto, arriva fino alla contemporaneità: data la sua esperienza da collezionista e da addetto ai lavori, quali sono le principali tendenze che lei individua nell’arte di oggi e quali sono i cambiamenti che sono occorsi all’arte nel lasso di tempo preso in considerazione rispetto al rinnovo della collezione?
Mentre nella prima parte del secolo si parlava di arte figurativa, l’avvento della macchina fotografica e la sua diffusione negli anni Venti e Trenta
hanno comportato un cambio di prospettive, così nella seconda parte del Novecento si è passati da una pittura come rappresentazione del vero alla
pittura intesa come invenzione, folgorazione, idea: il rinnovo vuole proprio documentare l’apporto degli artisti che hanno cercato nell’invenzione la
costruzione di un qualcosa che non fosse solo abilità tecnica, ma anche abilità della mente.