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INGRES, INDISCUSSO
MA IMPREVEDIBILE

di Daniele Liberanome

Le poche opere di Ingres che arrivano in asta, di qualità e di provenienza sicure, hanno quotazioni a volte soprendentemente basse e risultati spesso inattesi. Per i più attenti qualche buon affare è ancora possibile

C'è chi lo considera un retrogrado e chi un alfiere della grande arte dell’Ottocento, ma nessuno ne mette in dubbio l’enorme talento, la tecnica sopraffina. Jean- Auguste-Dominique Ingres (1780-1867) trascorse gli anni formativi nella Parigi percorsa dai fremiti rivoluzionari e napoleonici, quando la scena era dominata da Jacques-Louis David; poi si trasferì in Italia e da noi non venne coinvolto dagli effetti della Restaurazione e poi dell’avvento del romanticismo. Sviluppò un legame viscerale con la pittura rinascimentale e in specie con Raffaello, che lo spinse a mondare anche lo stile di David da ogni ampollosità, a cercare la purezza assoluta, la perfezione. Quando poi tornò in Francia negli anni Venti, a seguito di commissioni che eseguì con la solita perizia, si trovò spiazzato dai cambiamenti e vi si oppose, tanto è vero che negli anni Trenta si trovò isolato. Eppure, proprio nella maturità fu capace di produrre opere di calore e fascino davvero notevoli, specie quando il soggetto era femminile. Il Ritratto della contessa d’Haussonville del 1845 riesce infatti a reggere il confronto con i tanti capolavori della Frick Collection di New York in cui è esposta, con quella nobildonna dallo sguardo diretto, ma non arrogante, l’atteggiamento intrigante senza eccedere nella provocazione. E basta spostarsi a New York di qualche strada ed entrare al Metropolitan per restare abbagliati dal Ritratto della principessa de Broglie, quadro di grande equilibrio e armonia in cui la splendida donna, una star dei salotti del tempo, rimane umana con le sue minime imperfezioni. Opere di questo calibro non si vedono più in asta, i musei se le tengono strette.