Arte contemporanea/Intervista a Nishan Kazazian


Collegare
i punti

di Cristina Baldacci

In occasione della prossima uscita del suo libro, Connecting the Dots, abbiamo intervistato Nishan Kazazian, architetto newyorchese di origini libanesi, che lavora all’incrocio tra arte e architettura.

Ama definirsi un architetto-artista che crea opere d’arte. Che cosa accomuna, nella sua esperienza, questi due ruoli professionali e sociali?

L’arte per me trova compimento nell’architettura e, viceversa, la sensibilità architettonica nell’arte. La mia arte è pura espressione e vale per sé ma assolve anche ai bisogni funzionali degli spazi che creo. Ho come obiettivo il trasformare e mescolare i confini tra espressività e funzionalità attraverso sensazioni osmotiche di forma, scala, luce, colore e trama; provocatorie, poetiche e ironiche.

Ritiene architettura, design e arte «inseparabili». C’è anche il Bauhaus tra le sue fonti di ispirazione?

Fin da giovane, le mie frequentazioni dei siti archeologici di Byblos, dell’Acropoli e di Yazd in Iran, mi hanno abituato alla sovrapposizione di diversi periodi storici. A Yazd le antiche cisterne zoroastriane, con le caratteristiche torri del vento, sono state poi tramutate in forme iconiche religiose prive di funzionalità. Non sorprende che la cultura zoroastriana e indù abbia ispirato il lavoro di Johannes Itten al Bauhaus.

In quale dei suoi progetti è particolarmente evidente la relazione tra arte, architettura e design?

Nella Amphibian Concert Hall ho studiato diverse esperienze sensoriali legate alla vista e all’udito. La struttura richiama le forme di una creatura anfibia parzialmente immersa nell’acqua, che non si capisce se stia uscendo o entrando in mare. I suoi montanti assolvono varie funzioni, sia come sostegni architettonici, sia come elementi multimediali. Quando vengono colpiti dalle onde e dalle maree, generano in risposta “pattern” di luce e suono.