Su questa figura di donna dalla esuberante personalità si sono concentrati i riflettori della mostra in corso a Villa Bardini (Firenze) che intende rispecchiare la profonda impronta da lei impressa sulle arti figurative e decorative del XX secolo, tra simbolismo e Liberty. Il ritorno alla natura, la riscoperta del mondo vegetale, la nostalgia dell’antico, di una nuova Età dell’oro all’insegna del dionisiaco sono lo sfondo in cui si muove la ricerca di Isadora che sente l’urgenza di una nuova espressione d’arte, la danza libera, liberata dagli orpelli dell’accademia, capace di far rivivere la sacralità che un tempo rivestiva nella Grecia antica.
Per Isadora la danza è una religione ed è con la passione della neofita che, lasciata San Francisco (dove era nata nel 1875), approda al British Museum
di Londra nel 1900 per studiare attraverso la pittura vascolare e la statuaria greca quei movimenti che rendono la danza un rito sacrale. Per lei le
figure greche sono “formule di pathos” cariche di suggestione per i tempi moderni; la visione della Duse in un teatro londinese le suggerisce
l’importanza dell’energia vitale che deve emanare dalla scena e trasmettersi allo spettatore. L’incontro con Rodin, incantato dai profili delle sue pose
statuarie che lo scultore immortalò in una cartella di disegni, e la sua ammirazione per la vitalità della statuaria rodiniana confermano la visione
della danza come «unità della forma e del movimento, unità ritmica che si ritrova in tutte le manifestazioni della natura di cui la linea caratteristica
è l’ondulazione».
Il fascino di Isadora è come un’onda lunga che investe anche lo scultore Antoine Bourdelle, ispiratosi a lei per la Nike del monumento a Falcon del 1911
e per il simbolo della danza nel fregio di facciata del parigino Théâtre des Champs-Elysées. A Berlino, dove debutta nel 1903, Isadora pubblica la sua
Danza del futuro in cui scrive: «Se potessi trovare nella mia danza anche una sola posizione che lo scultore potesse trasferire nel suo marmo
così da essere preservata, il mio lavoro non sarebbe stato invano». La Pleureuse o la Maddalena di Libero Andreotti del 1911 sembra la
realizzazione del suo sogno.