Antinoo, il giovanissimo favorito di Adriano, morì nel Nilo nel 130 d.C. (si veda il dossier allegato a questo numero): sconvolto, Adriano diede ordine di provvedere alla divinizzazione del giovinetto (in genere era prerogativa imperiale) e i sacerdoti egizi (che ritenevano che proprio la morte “per immersione” meritasse onori divini) obbedirono. Antinoo divenne così l’ultimo dio del declinante orizzonte religioso pagano. Successivamente, ad Atene, Adriano istituì nuovi giochi, gli “Antinoeia”, e fece costruire molti templi: ne conosciamo una trentina, ma il culto, non solo in Grecia e in Egitto, è diffuso in circa settanta città. Grande diffusione anche per statue e busti: in origine circa duemila, di cui se ne conserva un centinaio, spesso di pregevole fattura, con attributi di volta in volta appartenenti a vari dèi o eroi, da Hermes a Dioniso, da Osiride ad Attis. Un culto multiforme, che durò a lungo: molti ritratti si concentrano fra 130 (morte di Antinoo) e 138 (morte di Adriano).
Uno splendido busto in marmo lunense di dimensioni maggiori del vero, proveniente da Villa Adriana (ora al Museo Nacional del Prado di Madrid), è
espressione di un tipo molto diffuso di ritratto di Antinoo, con lievi variazioni nei casi in cui il giovinetto era assimilato a questa o quella
divinità. In primo piano è la capigliatura: proprio “kallikome“ (appunto “dalle belle chiome”), epiteto che compare in un inno che fu cantato nel tempio
di Apollo a Kourion (Cipro): «Pettinatura apparentemente “casual”», ha scritto Matteo Cadario, «in realtà molto elaborata, formata da una massa
disordinata ma compatta di riccioli». La bocca carnosa e il mento arrotondato conferiscono al volto una certa morbidezza, anche se un po’ spicca il naso
dritto e “forte”.