ALBERTO GIACOMETTI
Si sentiva l’esigenza di un’aggiornata biografia su Giacometti, dopo quella di James Lord, amico americano dell’artista (edita in italiano da Allemandi nel 1988, oggi reperibile solo in inglese). L’autrice della nuova, altrettanto corposa impresa, non poteva che essere Catherine Grenier, direttrice della Fondation Giacometti a Parigi. Il libro (tradotto da Ximena Rodríguez Bradford) ripercorre anche con spunti inediti la vicenda professionale e personale dell’artista dei Grigioni, grazie allo spoglio di centinaia di documenti. Il «grigione-etrusco», come lo descrisse lo scrittore svizzero Charles-Albert Cingria, era nato nel 1901 a Borgonovo (Svizzera italiana) e nel 1922 si era trasferito a Parigi, dove visse per la maggior parte del tempo. Dopo anni d’infaticabile ricerca, morì a Coira nel 1966, non anziano ma consumato da una vita dedicata all’arte, e sregolata: sigarette, alcol e una pessima, frugale alimentazione, oltre a un non facile rapporto col mondo esterno. Con sistematicità e linguaggio chiaro ma piacevole - da studiosa che ben scrive, per intendersi - Grenier indaga con eccellente approccio critico la carriera di Giacometti, calandosi di anno in anno nel “milieu” culturale parigino, a partire dalla formazione presso Bourdelle, attraversando cubismo, surrealismo, ascendenze di culture “altre”, e feconde influenze/scambi con artisti come Brâncu¸ si, Laurens, Arp, Man Ray, Picasso, Dalí, fino alla consacrazione definitiva alla Biennale di Venezia (1962) e oltre. Non sono trascurati i legami con i genitori, sempre presenti, e col fratello Diego. Rivivono gli amori, soprattutto con Annette, la moglie che gli fu accanto fino alla fine assieme a Caroline, giovane amante degli ultimi anni. E naturalmente gli incontri con intellettuali, poeti, musicisti. Con Genet, Stravinskij, Prévert, Starobinsky, Buñuel, Giacometti ebbe approcci non distaccati ma riservati, pronto all’occorrenza a ritirarsi nell’atelier-rifugio di rue Hippolyte-Maindron. A Genet pareva che la sua arte svelasse «la ferita segreta di ogni essere e di ogni cosa», Man Ray lo diceva «un animo tormentato », con Picasso Giacometti condivise «il fantasma di un corpo femminile manipolabile ». Un libro fondamentale per un artista grande, e unico.