Eve Arnold, una donna minuta, dai gesti e modi gentili, ma in grado, durante le concitate assemblee annuali della Magnum Photos, di ottenere sempre l’attenzione e il rispetto da parte di tutti i fotografi. Il suo lavoro era tutelare all’interno della celebre agenzia fotografica. Tutti nutrivano un assoluto rispetto per quella donna dai capelli bianchi che Elliott Erwitt definiva come «il massimo della grazia».
Il suo modo di lavorare, infatti, rimane sempre fedele a un approccio molto delicato, privo di aggressività e invasività, elementi questi spesso
associati al concetto di fotogiornalismo. Il suo era invece un agire gentile, perfezionato negli anni per minimizzare l’effetto della macchina
fotografica e riuscire così a cogliere il momento in cui una persona lasciava cadere la propria maschera e si mostrava per quello che era.
A differenza di Robert Capa, che professava la necessità, per un buon fotoreporter, di avvicinarsi il più possibile alla realtà, Eve Arnold sostituiva
al concetto di vicinanza fisica quello di natura psicologica ed emotiva. Al centro c’era la persona con le sue paure, sogni, frustrazioni, emozioni e
ambizioni. Eve ripeteva: «Voglio essere una professionista nel lavoro, ma una dilettante nel cuore».