Nell’isola caraibica della Guadalupa, alle porte della capitale Pointe-à-Pitre, si affaccia sul mare un modernissimo museo dedicato alla storia della tratta dei neri e della schiavitù, il Mémorial ACTe. Non c’è luogo più adatto per ospitare la mostra Le modèle noir de Géricault à Matisse (fino al 29 dicembre) già transitata a New York e a Parigi, dove l’abbiamo visitata la primavera scorsa. Fra i capolavori esposti, ci ha colpito un piccolo olio su tela (54,8 x 73,5 cm) di Théodore Chassériau, del 1839. Raffigura un uomo di colore il cui corpo nudo incombe imponente, quasi a venirci addosso, dal fondo azzurro intenso del colore del cielo. Si tratta con evidenza di uno studio, come indicano le due mani in basso a destra, isolate dal resto della composizione, una col pugno chiuso, l’altra con le dita leggermente piegate. La storia del dipinto è intrigante e si lega non solo a un disegno di Ingres, maestro di Chassériau, anch’esso esposto e studiato in catalogo, ma anche, ci pare, a un foglio assai poco noto dello stesso Ingres, oggi a Lille.
Ma procediamo con ordine. Chassériau era nato nel 1819 a El Limón nella provincia di Samaná, altro incantevole e selvaggio sito caraibico, all’estremo
est dell’attuale Repubblica Dominicana, che all’epoca era stata annessa, non senza sanguinose lotte, alla parte occidentale della medesima isola, nota
come Haiti. Chassériau era di sangue misto, francese per parte di padre, creolo da parte di madre. Nel 1821 si trasferì a Parigi, e il suo talento
artistico precoce lo portò a studiare a soli undici anni nell’atelier del grande Ingres. Nel 1834 Ingres fu nominato direttore dell’Accademia di Francia
a villa Medici, e Chassériau lo seguì a Roma. Tornò a Parigi prima del maestro, ed è nel novembre del 1836 che comincia la storia del dipinto. Da Roma,
Ingres scrive a un amico scultore, Jacques-Édouard Gatteaux, perché chieda a Chassériau di dipingere un quadretto che gli servirà come studio
preparatorio per un dipinto che ha in mente. È il Signore che caccia dalla rupe Satana.