Dipinto per volere del granduca Francesco I de’ Medici, il ciclo di grottesche del corridoio di levante è uno dei più estesi del Cinquecento toscano e costituisce un vero e proprio preludio alla formazione della raccolta museale degli Uffizi. La decorazione detta “a grottesca” nasceva dall’imitazione di pitture antiche, che si ritenevano, perlopiù, originariamente ubicate in luoghi sotterranei, simili alle grotte. Rintracciate a Roma sul finire del Quattrocento, esse avevano dato vita a un nuovo genere di decorazione che ne imitava le caratteristiche producendo un acceso dibattito tra i trattatisti. Era soprattutto l’accostamento di figure fantastiche, bizzarre, mostruose e in metamorfosi a immagini realistiche su sfondi o cornici del tutto irreali e privi di peso a essere criticato, perché in contrasto con il principio di verosimiglianza cui avrebbe dovuto attenersi la pittura. Alcuni interpreti inoltre le giudicavano come raffigurazioni esclusivamente fantastiche, del tutto mancanti di significato, e ciò costituiva un ulteriore motivo di critica.
All’epoca in cui furono affrescate le volte del museo fiorentino, nel 1581, la Galleria non esisteva ancora: il “corridore” era un solo loggiato, posto
al secondo piano della Fabbrica che riuniva le magistrature delle arti fiorentine, e faceva parte della via aerea che permetteva di raggiungere Palazzo
vecchio da palazzo Pitti e viceversa. Il loggiato fu chiuso con infissi e finestre solo nel 1582, forse per proteggerne gli affreschi, ma anche perché,
a partire dalla loro esecuzione, il “corridore” cominciò a mutare radicalmente la propria funzione da semplice passaggio e divenne un luogo dove si
conservavano e producevano opere d’arte.
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