A fine novembre del 1948 la rivista “Life” invia un cablogramma a Henri Cartier-Bresson (1908-2004) per chiedergli di andare in Cina a documentare gli ultimi giorni della resistenza portata avanti dal Partito nazionalista (Kuomintang), capeggiato da Chiang-Kai-shek, contro l’armata comunista guidata da Mao Zedong. L’impegno, che si sarebbe dovuto esaurire in un paio di settimane, durò dieci mesi e terminò pochi giorni prima della proclamazione della Repubblica popolare cinese il 1° ottobre 1949. Un’esperienza fondamentale per il fotografo francese sia per il contenuto del reportage, focalizzato più sulle persone e sulla quotidianità che sul conflitto armato, sia per il metodo di lavoro che comportava qualità come disciplina mentale, concentrazione, sensibilità e istinto. A partire da quel soggiorno Cartier-Bresson divenne un punto di riferimento imprescindibile nella storia del fotogiornalismo e della fotografia in generale. Un’autorevolezza confermata dalla successiva pubblicazione di due suoi libri: Images à la sauvette (1952, The Deci- A sive Moment il titolo dell’edizione americana uscita nello stesso anno), con un lungo saggio dell’autore sulle sue idee e sull’approccio utilizzato con l’obiettivo, e D’une Chine à l’autre (1954). Dal secondo volume ha preso spunto la mostra Henri Cartier-Bresson Chine: 1948- 1949/1958 (Parigi, Fondation Henri Cartier- Bresson, fino al 2 febbraio 2020, www. henricartierbresson. org), a cura di Michel Frizot e Ying-Iung Su con la direzione artistica di Agnès Sire. Un progetto espositivo che mette in evidenza gli aspetti poetici ed empatici degli scatti realizzati in Cina da Cartier-Bresson, al di là della loro testimonianza storica. Immagini eloquenti della sua pratica e del suo stile, accompagnate da un’ampia documentazione come la corrispondenza del fotografo con Magnum Photos, con i suoi genitori, le stampe originali e altro materiale inedito del viaggio di ritorno in Cina per quattro mesi nel 1958. Era appena iniziato il periodo del “Grande balzo in avanti” (1958-1962), il piano imposto da Mao Zedong attraverso la coercizione, la violenza e il terrore per ottenere una rapidissima industrializzazione del paese, all’epoca ancora arretrato, e realizzare così il suo ideale di comunismo. Un progetto folle che causò lo sfruttamento del lavoro umano e la morte di milioni di persone.
Blow up
CARTIER-BRESSON,
MAIER, BISCHOF
di Giovanna Ferri