Architettura per l'arte
UN MUSEO
IN AZIONE
di Aldo Colonetti
Inaugurata a giugno scorso una nuova sezione del Museo dell’Acropoli di Atene con i resti di un antico quartiere.
I musei nascono in un determinato momento storico, ma non possono essere statici rispetto alle nuove scoperte, ai
nuovi linguaggi teorici e tecnologici che via via la ricerca offre rispetto alla conoscenza del passato. Anche uno dei più importanti musei
archeologici al mondo, quello dell’Acropoli di Atene, disegnato da Bernard Tschumi e inaugurato esattamente dieci anni fa, non resta “impassibile”
nei confronti delle nuove scoperte, ottenute dagli stessi scavi (ad Atene, si sa, non finiscono mai), che portano a trasformare gli spazi espositivi
esistenti, concepiti senza rigidità, capaci quindi di adeguarsi a esigenze non programmate e di accogliere, nel rispetto dell’architettura iniziale,
sempre ulteriori opere.
Il nuovo museo, progettato da Tschumi in collaborazione con Michalis Fotiadis, situato ai piedi della collina, a poche
centinaia di metri dal Partenone, in modo tale che la visione dell’Acropoli sia sempre presente e centrale durante il percorso espositivo – grazie a
una serie di vetrate che consentono di essere allo stesso livello delle opere esterne –, nel mese di giugno di quest’anno è stato ampliato con
un’area espositiva di più di quattromila metri quadrati. L’area ha incorporato i risultati di un grande scavo che mostra i resti di un antico
quartiere ateniese «per la maggior parte di epoca romana e bizantina con alcuni resti dell’Atene classica», come afferma il direttore del museo,
Dimitris Pantermalis.
La superficie totale del museo è di venticinquemila metri quadrati, di cui quattordicimila destinati agli spazi museali
veri e propri, a cui ora si aggiunge la nuova sezione, senza che tutto questo abbia provocato uno stravolgimento identitario e compositivo
dell’intero intervento architettonico del 2009.
Dal Parc de la Villette di Parigi del 1983 al Kyoto Center del 1990, al Centro culturale di
Bordeaux (2010), Tschumi ha sempre privilegiato l’esperienza dello spazio come il risultato del movimento, per cui l’architettura e soprattutto un
museo è «da porre in corrispondenza agli eventi, per cui è l’azione a qualificare lo spazio espositivo e contemporaneamente è lo spazio disegnato a
qualificare e quindi determinare l’agire in esso».

