Cataloghi e libri DICEMBRE 2019 BRUEGEL Quattrocentocinquant’anni fa, il 5 settembre 1569, moriva a Bruxelles Pieter Bruegel. Era nato probabilmente a Breda nel 1525. Bosch era morto nel 1516. In questo libro monumentale, illustrato magnificamente, Larry Silver lo definisce «il secondo Bosch» come fanno altri studiosi. Non che il corpus delle opere, dipinti, incisioni e disegni di Bruegel si esaurisca con il luogo comune dell’influenza del pittore di ‘s-Hertogenbosch, ma certo “l’incontro” con l’arte visionaria del predecessore olandese fu fondamentale, e a questo è dedicato un intero capitolo. Ciò avvenne quando il giovane Bruegel si trovava ad Anversa, centro del capitalismo di allora, a lavorare presso l’incisore e stampatore Hieronymus Cock. Fu Cock, in quella città portuale, vivacissima per il mercato internazionale, a introdurlo alla fantasiosa, immaginaria visione del folle mondo di Bosch, che il giovane artista tradusse in incisioni, edite dalla stamperia “Ai quattro venti” di Cock. La collaborazione col tipografo di Anversa, fra i più stimati di allora, durò quindici anni, e le stampe prodotte su disegno di Bruegel si diffusero ovunque, con successo. Il libro ovviamente non parla solo di questo. L’autore, professore emerito di Storia dell’arte alla Pennsylvania University, ha studiato da par suo ogni aspetto dell’arte di Bruegel, analizzando opera per opera l’intera attività di questo artista affascinante. I nebbiosi, algidi paesaggi fiamminghi, il formicolio di uomini e donne al lavoro, resi con maestria, si uniscono nei suoi dipinti e nelle incisioni a uno sguardo divertito, ironico, assolutamente unico. Con nuove intuizioni Silver s’immerge anche, e ci trascina con lui, in una società ricca di contraddizioni e tensioni, di controversie religiose, indagando in modo acuto il genere di spiritualità che irrora certi dipinti come l’irripetibile del 1564, ora a Vienna, analizzato nel primo, fondamentale capitolo. Dio è davvero nei dettagli, come qui si spiega: oltre centocinquanta figuranti che brulicano nella composizione densa di allusioni alle crudeltà e all’eccessivo moralismo della Chiesa cattolica, che tanto ispirò, nel 2011, l’impressionante film di Majewski. Salita al Calvario I colori della Passione Larry Silver Giunti, Firenze-Milano 2019 464 pp., 350 ill. colore € 80 CHA-CHING! Sembra un nome cinese, ma Cha-Ching, come spiega Franco Maria Ricci nel suo saggio, è una locuzione inglese: allude al suono delle monete «e ne esprime il conseguente stato di allegria». Chi non fu allegro, da bambino, aprendo il proprio salvadanaio? Era forse un porcellino? O un ranocchio, con la scritta Kiss me? Superman, Taz, il diavolo della Tasmania, o slotmachine? Per caso ne avete posseduto uno a forma di macabra mano degli Addams? Il vostro era di latta, porcellana, ceramica, resina, gesso, terracotta, legno, ferro, ghisa, metallo argentato, terracotta, gres, o lamiera? A giudicare dai salvadanai di questo libro (fotografati da Mauro Davoli nel Museo del risparmio di Torino), la fantasia di chi ha ideato quegli oggetti gentili, modesti e discreti, si è davvero sbizzarrita. Un libro delizioso, per niente banale, arricchito da un divertente thriller a tema di De Cataldo, un bel saggio di Guerzoni sul significato sociale del risparmio, le schede di Liliana Chiariglione. Vien voglia di possederne uno. E non solo per risparmiare. Franco Maria Ricci, Giancarlo De Cataldo, Guido Guerzoni Franco Maria Ricci editore, Fontanellato 2019 156 pp., 75 ill. colore € 40 I MACCHIAIOLI Ci sono argomenti, nella storia dell’arte, sui quali pare impossibile poter scrivere qualcosa di nuovo o di diverso. Uno di questi è la pittura dei macchiaioli, che conta una sterminata bibliografia, grazie alla ricchezza di fonti, alla fortuna del mercato e del collezionismo e al gradimento del largo pubblico per mostre sul gruppo o di singoli artisti. Fernando Mazzocca, che fra gli altri studi sull’Ottocento italiano si occupa da anni anche dei macchiaioli, è riuscito in questo libro ottimamente illustrato a darci una visione originale di un movimento tanto amato, che da tempo interessa anche oltralpe. Lo ha fatto evitando la catalogazione artista per artista, o la narrazione meramente cronologica, bensì attraverso un eccellente inquadramento storico critico, e una revisione che esordisce con la definizione del termine “macchiaioli”. Termine che non avrebbe potuto essere più azzeccato, «per quel gruppo di pittori che, partendo dagli anni esaltanti in cui nasceva l’Italia unita, riuscì a portare avanti una delle svolte più radicali nella storia dell’arte, non solo italiana». Ma i macchiaioli furono degli impressionisti italiani, o viceversa, gli impressionisti furono dei macchiaioli francesi? A lungo mi pare si sia puntato sulla prima, provocatoria ipotesi. Mazzocca sposta i termini della questione, e affronta in primo luogo la fortuna dei macchiaioli nel Novecento, a partire dallo sguardo di Emilio Cecchi. Poi scende nella storia del gruppo, con gli esordi attorno alla metà dell’Ottocento, dunque un decennio prima almeno della “nascita” degli impressionisti. Esamina, attraverso le fonti e le opere, ardori, sconfitte, scambi, delusioni, in un mosaico che procede con esemplare sistematicità. Ciò che permette non solo di non perdersi affatto nella messe di osservazioni e notizie, ma che consente anche al neofita di avvicinarsi alla pittura di macchia. Il libro resta però anche di grande interesse e occasione di riscontro per gli studiosi. I macchiaioli aspiravano a una identità moderna, con una pittura simile ma non identica a quella degli impressionisti, per tornare alla domanda iniziale. Fernando Mazzocca Giunti, Firenze-Milano 2019 224 pp., 173 ill. colore € 39 ROBERT CAPA Mentre usciva la splendida versione italiana di , memorabile diario di guerra di Robert Capa, illustrato da un centinaio di scatti della seconda guerra mondiale, Johann & Levi dava alle stampe la traduzione dal francese dell’indagine serrata di Vincent Lavoie, (Milano 2019, 167 pp., 65 ill. b.n., € 23). Due libri, se vogliamo, complementari, per chi ami uno dei più grandi fotografi di tutti i tempi, non solo di guerra, ma soprattutto. E di guerra si tratta, in ambedue i volumi. Il secondo, al quale qui solo accenniamo, discute l’annosa questione della presunta falsità dello scatto più famoso di Capa, , del 1936, nel corso della guerra civile spagnola. Qui non c’interessa sapere (forse non lo sapremo mai) se fu una “messa in posa”, o una morte ripresa in diretta. Né interessa a Lavoie che indaga, piuttosto, sui metodi forensi di chi ha voluto attestare la veridicità dell’immagine contro i detrattori che, con metodi tipici dei criminologi, hanno raccolto prove che testimonierebbero la falsità dello scatto. Capa non può replicare, essendo morto nel 1954 in un campo minato in Indocina. Deontologia a parte, siamo fra quelli che ritengono che le immagini di guerra di Capa vadano al di là dell’importanza della presa diretta. Le sue non sono fake news, Capa ha veramente solcato i terreni di battaglia di tutto il mondo. Ed è straordinario come lo descrisse Camilleri, ricordando di averlo visto da bambino in Sicilia, a pancia all’in su, a fotografare lo scontro a bassa quota fra un aereo tedesco e uno alleato. Capa si racconta, in questo diario, non senza ironia, e si descrive con tutti suoi vizi e virtù, il poker, le donne, lo scotch, amplificati dal suo trovarsi, assieme agli alleati, testimone di un’immane tragedia: Londra, Algeri, la Sicilia, Montelungo e Cassino, lo sbarco in Normandia, con i suoi pochi fotogrammi superstiti dei centosei realizzati. Un errato sviluppo avrebbe bruciato i negativi, ma c’è chi obietta che i “fab 8”, cioè i negativi superstiti furono in realtà gli unici scatti da lui eseguiti. Un po’ sfocati, come il titolo del libro: impressionanti, poetici e indelebili per chi sopravvisse al massacro di Omaha Beach. Slightly Out of Focus L’affaire Capa. Processo a un’icona Il miliziano colpito a morte Traduzione di Piero Berengo Gardin ed. aggiornata a cura di Valentina Rossi Contrasto, Roma 2019 320 pp., 102 ill. b.n. € 24,90