Arte contemporanea / Intervista ad Alberto Salvadori in Italia La prima di Simone Forti Cristina Baldacci La mostra, che conta sessanta opere, è densa di pezzi forti! È un progetto dedicato sostanzialmente a una decade, gli anni Sessanta, che è stata fondamentale nel suo percorso. Simone ci ha data la possibilità, ed è stato un regalo, di esporre molte opere inedite di quel periodo: in particolare, disegni, che sono fondamentali per le sue performance, e acquerelli, alcuni dei quali dedicati a momenti salienti della sua vita. Questo è un tema da tempo al centro di un percorso museografico attualizzato; soprattutto da quando la smaterializzazione dell’opera non costituisce più un problema critico-curatoriale. A maggior ragione per noi, che non siamo un museo ma un istituto per le arti contemporanee, la necessità di mostrare e di poter proporre dal vivo il lavoro di artisti come Simone Forti è un piacevole “obbligo”! La danza e la performance fanno parte di quella modalità comunicativa ed espressiva dei linguaggi vivi, della possibilità di usare il corpo per dire cose e attualizzare la narrativa del proprio tempo. L’incontro fa parte del Public Program che abbiamo iniziato lo scorso novembre con la mostra dei Masbedo. Ha un titolo molto chiaro per i nostri propositi: , frase di Yvonne Rainer, guarda caso altra figura importantissima della danza e della performance contemporanea. Il tema della programmazione in corso è “il vivente” e Riccardo è l’anima degli incontri, dei simposi e delle edizioni della Scuola di filosofia che si terranno fino a maggio 2020. Ne stiamo progettando di futuri dedicati ad altri temi. lberto Salvadori, direttore dell’Ica di Milano, illustra , la prima personale italiana di Simone Forti, da lui curata insieme a Chiara Nuzzi, in mostra fino al 2 febbraio negli spazi espositivi dell’istituto non profit per le arti contemporanee inaugurato un anno fa. Nata a Firenze nel 1935, ma cresciuta tra Los Angeles e San Francisco come esule di origini ebraiche, negli anni Sessanta Forti è a New York, dove studia con Merce Cunningham e diventa pioniera del connubio tra danza, coreografia, musica, arti visive, insieme a, tra gli altri, Yvonne Rainer, Trisha Brown, Steve Paxton, La Monte Young. A Vicino al cuore È nata anni fa, quando incontrai il suo lavoro fuori dal circuito dell’arte contemporanea e rimasi affascinato dalla forza che, con semplici azioni, riusciva a imprimere al suo corpo facendolo diventare un formidabile strumento di trasmissione poetica, politica e narrativa. Ho poi studiato il suo percorso e seguito le sue sempre più rare apparizioni rimanendo profondamente colpito anche dalla sua chiara volontà di essere, senza apparire. È discreta e potente in termini espressivi e questo la rende una figura determinante nella storia della performance e dell’improvvisazione. Tuttora rimane estremamente sobria e distaccata dal grande circo dell’arte contemporanea, che può essere molto aleatorio. Com’è nata l’idea di una retrospettiva su Simone Forti? Vicino al cuore, prima personale nel nostro paese dedicata a Simone Forti. Ne abbiamo parlato con Alberto Salvadori curatore, con Chiara Nuzzi, del progetto espositivo Quali sono i pezzi forti della mostra? Il tema di come esporre la danza e la performance in museo è sempre più attuale. Come ha coniugato la necessità di mostrare opere “concluse”, storiche, a quella di presentare il corpo in movimento? Il 16 gennaio è previsto un incontro, a cura di Riccardo Venturi, sulla relazione tra danza e arti performative. La mostra seguita da un simposio sarà una formula ricorrente della programmazione dell’Ica? The Mind is a Muscle Simone Forti, (1961), performance al The Box di Los Angeles nel 2009, New York, Museum of Modern Art. Huddle Simone Forti. Vicino al cuore Milano, Ica - Istituto contemporaneo per le arti a cura di Alberto Salvadori e Chiara Nuzzi, fino al 2 febbraio da giovedì a domenica 11-19 www.icamilano.it