Grandi mostre. 2 
Medardo Rosso a Roma

IL RAPPORTO
CON L’ANTICO

Bizzarro e irriverente, Medardo Rosso, precursore del pensiero moderno, ha elaborato un nuovo modo di intendere l’idea di copia non più come riproduzione ma come interpretazione. Anticipando le avanguardie del Novecento, l’artista ha creato così opere originali, “versioni” di uno stesso soggetto, in un continuo divenire di forma, luce e materia.

Francesco Stocchi

Riprendere un modello originale facendolo vivere in nuove trasposizioni ha caratterizzato l’arte dal classicismo fino ai giorni nostri. Dalle copie greche, presenti fin dal periodo classico, dove le opere riprodotte non erano mai identiche all’originale(1) – la pratica delle repliche si espanse radicalmente nell’età ellenistica con l’adozione del bronzo – alla produzione in serie dei suoi modelli ripresa da Giambologna nel XVI secolo, per esempio, le cui riproduzioni, ricche di divergenze formali, caratterizzarono la sua bottega, per giungere all’adozione del processo seriale ripreso dal modello industriale – meccanico, elettronico e poi digitale – dell’epoca moderna.

Nel periodo che segue la conquista della Grecia da parte dei romani, iniziano a diffondersi copie delle statue greche più conosciute. Per i romani “copiare” l’iconografia greca significava garantire il facile trasporto in patria di opere che incarnavano valori collettivi, ma tale pratica si fondava anche sull’assunto che un’opera veniva giudicata in base alla figura in sé, al modello, e in base alla quantità e alla qualità delle sue riproduzioni. Più era alto il numero di riproduzioni di un determinato modello, più questo e le sue copie avevano valore. La “techne”, l’abilità artigianale di riprendere tale modello, non l’originalità stessa dell’opera, rappresentava il metro di giudizio dell’opera. Il concetto di “aura”, messo in crisi nel 1936 nel celebre saggio di Walter Benjamin(2), fondato sull’unicità spazio-temporale di un’opera, non era quindi preso in considerazione. Il termine “copia” deriva dal latino “Copia”, dea romana che raffigura l’abbondanza. Pertanto l’artefatto copiato era simbolo di ricchezza, benessere e potere. La copia intesa come strumento di divulgazione e conoscenza, scelta e apprezzata per il modello che riproduce mediante l’abilità dello scultore. In seguito all’epoca romana, passando dal Medio Evo fino all’Età moderna, la copia ha continuato a essere considerata di pari valore rispetto al modello che rappresenta.