La mostra al Museo della città di Livorno accoglie capolavori di Modigliani e di altri artisti di Montparnasse nelle collezioni Netter e Alexandre. In che modo è stata operata la selezione?
La prima selezione è stata fatta scegliendo capolavori della collezione Netter. È sempre delicato fare una scelta equilibrata avendo a disposizione
migliaia di pezzi tra i quali individuare poi un centinaio di opere. Bisogna mostrare tutto ciò che costituisce la specificità della collezione
anteponendo il ruolo e la visione del collezionista, cercando di rendere la sua anima e il suo spirito nel rispetto dell’equilibrio tra gli artisti.
L’altra difficoltà è stata aggiungere alla selezione iniziale quella ricavata dal patrimonio di un altro collezionista, Paul Alexandre. Vaglio
fondamentale che ha permesso di dare evidenza della relazione tra Livorno e Modigliani, dal momento che Alexandre fu il suo primo mecenate che si
recò due volte nella città toscana durante il periodo della loro collaborazione.
In mostra, il pubblico può vedere anche un’opera di Jeanne Hébuterne. Come si è sviluppato il rapporto tra la pittrice francese e Modigliani sul
piano artistico?
Jeannne lavorava in modo visibilmente indipendente da Modigliani sul piano stilistico. Lei ha apportato una visione complementare soprattutto nella
loro vita quotidiana. Lui fu il suo mentore e il suo amore senza però essere il suo maestro. Si trattò di una relazione forte e rispettosa. Il
talento di Jeanne è innegabile e immenso.
La mostra espone anche opere di artisti come Kisling, Soutine, De Vlaminck e altri che conobbero Modigliani. Quali legami c’erano tra loro?
Spesso si trattava di legami di amicizia e rispetto. A volte, invece, c’era a malapena la conoscenza del loro lavoro. Le amicizie principali e le
più arricchenti dal punto di vista artistico furono quelle con Soutine e con Derain, ma furono amicizie che nacquero più tardi, soprattutto al
momento del ritorno di Modigliani a Parigi nel 1919.
Abbiamo incontrato Marc Restellini, curatore della mostra livornese dedicata a Modigliani, per scoprire ragioni e scelte del progetto espositivo
Quella con Paul Alexandre è stata, per Modigliani, la sua più importante relazione da un punto di vista formativo: gli ha infatti permesso di determinare i suoi principali orientamenti artistici. I rapporti con Netter sono invece di diversa natura: all’epoca, Modigliani era un artista formato e in piena maturità. Netter gli garantirà soprattutto la sicurezza finanziaria e gli permetterà di diventare una figura importante nel mondo artistico parigino.
Che cosa significa, per la città di Livorno e per i suoi abitanti, ospitare una mostra come questa?
Prima di tutto, senza dubbio, è una riconciliazione. I rapporti tra Modigliani e Livorno non potevano restare fondati su malintesi e su ciò che era stato il peggio per entrambi, questa ossessione sulla questione dei falsi e dei falsari. Era assolutamente necessario fare qualcosa. E credo che la missione sia stata compiuta.
