Nel 2017 «L’Arte tradizionale del pizzaiuolo napoletano» è stata dichiarata «Patrimonio culturale immateriale dell’umanità» dall’Unesco. Un riconoscimento importante che, sancito come la pizza sia emblema di italianità nel mondo, ha fissato le diverse fasi della preparazione: lavorazione dell’impasto, staglio (cioè sua divisione in porzioni più piccole), stesura facendo roteare l’impasto in aria e cottura nel forno a legna.
Nel 2010 sulla Gazzetta ufficiale era stato pubblicato un disciplinare per decretarne le caratteristiche, accolte anche dall’Unione europea. Molta
ufficialità e regole per un piatto creato da tempo immemorabile e che, nel tragitto da Napoli al mondo, dove è uno dei cibi più consumati e diffusi, ha
perso spesso queste caratteristiche essenziali.
La tradizione di cuocere una base di pasta di farine e acqua, lievitata e non, su cui appoggiare altri ingredienti, è antichissima e diffusa in tutto il
Mediterraneo, ma è a Napoli che ha trovato la sua espressione più compiuta e celebrata. Semplice inizialmente, poco più che una focaccia, è stata poi
arricchita o farcita e infine valorizzata dal pomodoro, a seguito del suo uso capillare in Europa.
La pizza raffigurata da Gaetano Dura (1805-1878) non è caratterizzata dal rosso dell’ortaggio di origine americana, mentre la sottile linea al margine
fa capire che si tratta di una versione ripiena, forse di ricotta e alici. Come altri incisori sette e ottocenteschi, l’artista ha fissato il mestiere
del pizzaiolo rendendo con vivacità una scena di vita napoletana: il venditore ambulante, che richiama l’attenzione dei passanti con le grida tipiche
dei venditori “per via”, ha appoggiato su un piccolo tavolo la pizza divisa in spicchi dopo averla trasferita con la pala con cui l’ha cotta nel forno,
girandola per permetterne una cottura uniforme. Intorno al 1835 Dura si associò con Giovan Battista Gatti, fondatore di un importante stabilimento
litografico napoletano: con il marchio Gatti e Dura vennero pubblicate numerose litografie dedicate a Napoli e al suo folclore che ottennero grande
successo presso il pubblico locale e i viaggiatori stranieri. Quei tanti turisti che hanno visitato Napoli, come Alexandre Dumas padre, che nella
raccolta Il corricolo, pubblicata proprio nel 1835, descrive usi e costumi partenopei, con il pizzaiolo ambulante che dal 1° maggio si
trasforma in venditore di meloni.