Nel nostro immaginario collettivo gli anni Venti - rielaborati attraverso il filtro delle suggestioni culturali
d’oltreoceano e l’inquadramento critico di alcune recenti esposizioni dedicate alle arti in Italia nel periodo tra le due guerre e, in
particolare, al fenomeno déco - ci appaiono in genere come un decennio ruggente e sfavillante, attraversato da atmosfere glamour e da una diffusa
celebrazione del lusso, dell’eleganza e dell’edonismo.
In realtà questa fase storica rappresentò per l’Italia un’epoca complessa e convulsa, improntata su una generale sensazione di inquietudine e
incertezza. Stretto tra l’epilogo della sanguinosa ecatombe della Grande guerra e la crisi economica internazionale provocata nel 1929 dal crollo
di Wall Street, questo decennio sembra inoltre scardinare i propri limiti cronologici, riflettendo o anticipando gli snodi più drammatici della
storia della prima metà del Novecento. Se infatti le ripercussioni traumatiche del primo conflitto mondiale continuarono ad aleggiare nel corso di
tutti gli anni Venti e alimentarono, inasprite dal mito dannunziano della “vittoria mutilata”, quel risentimento sociale su cui il regime fascista
cementò il proprio sostegno popolare, il crollo del 1929 trascinò con sé le ultime salde fondamenta di un delicato equilibrio politico, dando così
avvio, nell’esasperazione delle tensioni nazionalistiche, alla progressiva affermazione di regimi dittatoriali che condussero il mondo a un ancora
più tragico conflitto.