Mille e uno sono i motivi per cui Orson Welles resta figura centrale del cinema. Il rutilante esordio a venticinque anni, considerato ancora oggi dalla maggioranza degli storici il più bel film di sempre (Citizen Kane, uscito in Italia col titolo Quarto potere); l’aver realizzato (forse più di Hitchcock) un ponte tra cinema muto e cinema moderno; essere stato un intellettuale a tutto tondo (al pari di Chaplin) e aver spaziato tra radio, teatro, cinema e pittura. Ecco, la pittura e il disegno sono state passioni che Welles ha coltivato dalla sua formazione fino alla sua vecchiaia, spesso un filone non adeguatamente studiato, invece molto curato nello straordinario omaggio che gli ha reso Mark Cousins nel film (ora in dvd per Mustang) Lo sguardo di Orson Welles. Cousins, ideatore e regista di una rivoluzionaria storia del cinema in otto dvd (The Story of Film), compone una sorta di lettera cinematografica al suo idolo, tra interviste, spezzoni e materiali vari. Ne esce un ritratto in parte inedito il cui fulcro è la grande scatola custodita dall’Università del Michigan contenente disegni e lettere. Welles inizia a dipingere a dieci anni e dice che è ciò che sempre lo ha appassionato di più; studia arte a Chicago, disegna in ogni “location” in cui ha lavorato, produce più di mille opere, soprattutto disegni, acquerelli e tele a olio. A sedici anni si imbarca per l’Irlanda apposta per disegnare e dalla sua matita escono ritratti veloci (tra Toulouse-Lautrec e Saul Steinberg) che nascono sotto i nostri occhi con la velocità con cui furono schizzati (grazie alla magia tecnica del “time-lapse”). Il grafismo tellurico del film Macbeth e gli schizzi preparatori, la tela per il mai realizzato Don Chisciotte, i disegni per un Giulio Cesare ambientato all’Eur (Roma), anch’esso mai realizzato, sono occasioni per meglio capire il pensiero visivo del magnifico Orson. Come anche i suoi maestri nella pittura (o, se si vuole, i suoi precursori): Tintoretto su tutti per le sue prospettive oblique, Goya e Magritte, di cui Cousins rintraccia due “tableaux vivants” rispettivamente in Rapporto confidenziale e Otello ma anche riferimenti a Mantegna (sempre in Otello) e ai costruttivisti.
Camera con vista
THE MAGNIFICENT ORSON
di Luca Antoccia