Grandi mostre. 5
La Tour a Milano

LUCI
NEL BUIO

Una mostra a Milano, in Palazzo reale, riporta all’attenzione del pubblico un lato nascosto ma non marginale dell’arte barocca europea. Si tratta della versione del caravaggismo data da Georges de La Tour, che assume toni di assoluta originalità in quella che può essere considerata la sua specialità, la pittura a lume di candela.

Claudio Pescio

Giotto, Piero della Francesca, Paolo Uccello, Caravaggio naturalmente: le scene a luce artificiale o al lume della luna hanno spesso ispirato la pittura occidentale. Ma è nel Seicento nordeuropeo che il notturno diventa un genere a sé stante e le “notti” – come vengono chiamati i dipinti con quel soggetto – iniziano a circolare con un certo successo. In particolare nell’ambito caravaggesco olandese del primo Seicento, dove per esempio la specializzazione di un artista come Gerrit van Honthorst è evidente nel nome con cui è conosciuto in Italia, Gherardo delle Notti. Così come il buio è protagonista nelle opere più esplicitamente “tenebriste“ dello spagnolo Ribera. Tuttavia il più abile, assiduo, convinto pittore notturno è un lorenese, Georges de La Tour (Vic-sur-Seille 1593 - Lunéville 1652).

Una figura di artista molto particolare, enigmatica per molti aspetti, ora protagonista di una mostra milanese. Gli dedichiamo il dossier allegato a questo numero della rivista, per cui non è necessario dilungarsi qui sulle sue vicende biografiche. Uno dei pochissimi documenti che lo menzionano è una lettera dei suoi concittadini alle autorità di Lunéville, dove abitava nel 1646, in cui si afferma che il signor Georges de La Tour, pittore, «si rende odioso al popolo per la quantità di cani che alleva, levrieri e spagnoli, e come se fosse il signore del luogo, caccia le lepri fin nei campi di grano, li rovina e li calpesta». In un altro caso è accusato di aver bastonato una guardia. A essere considerato il signore del luogo teneva molto, in effetti. Figlio di fornai, aveva sposato una donna di nobile famiglia per ottenere almeno qualche franchigia e sollevarsi così dal ceto di provenienza. Essere figlio di fornai, in ogni caso, non era male, per l’epoca, e Georges poté permettersi di studiare da pittore.