Fino a otto anni fa, nessuno aveva badato troppo al Crocifisso dell’oratorio di Sant’Agostino a Legnaia, quartiere residenziale alle porte di Firenze. Eppure, la storia della compagnia agostiniana suggeriva che l’opera potesse avere origini antiche e illustri: già sul finire del Trecento, i suoi membri s’erano staccati dalla confraternita di Sant’Agostino in Santo Spirito per fondare un nuovo gruppo fuori dal centro urbano, e avevano scelto come loro sede i locali annessi alla chiesa di Sant’Angelo, che avrebbero poi ospitato il loro oratorio. Il piccolo edificio di culto, benché periferico, è tutt’altro che anonimo. Lo adornano opere di considerevoli artisti del Seicento e del Settecento fiorentino, sulle quali storici dell’arte hanno scritto e discusso: Francesco Curradi, Giovanni Domenico Ferretti, Giovanni Camillo Sagrestani, Giuseppe Moriani. Il Crocifisso, al contrario, per secoli aveva attirato l’interesse dei soli fedeli, che hanno sempre dimostrato il loro legame nei suoi confronti continuando a serbarlo in ottime condizioni, prendendosene cura con costanza. Forse fin troppo: c’è da credere che l’opera non abbia suscitato le attenzioni degli studiosi perché le continue ridipinture (si son contati ben cinque interventi) ne avevano alterato la leggibilità.
La sua “scoperta”, dunque, è un fatto recente: era il 2012 e lo storico dell’arte Gianluca Amato, all’epoca dottorando dell’Università Federico II
di Napoli, era alle prese con una ricognizione dei crocifissi lignei toscani realizzati tra fine Duecento e prima metà del Cinquecento, argomento
della sua tesi. Fu in quell’occasione che lo studioso s’imbatté per la prima volta nel Crocifisso di Legnaia, intuendone l’importanza e
formulando, per primo, l’attribuzione a Donatello.
