Città che sorge in uno dei più bei golfi del Mediterraneo e allo stesso tempo è temerariamente costruita alle pendici del Vesuvio, Napoli trasmette emozioni forti e contrastanti. Indisciplinata, verace e raffinata, tra avanguardia e tradizione, alcuni tra i più grandi innovatori nelle arti di tutti i tempi hanno trovato qui ispirazione e libertà d’espressione.
Così è successo a Caravaggio, che all’inizio del 1600 ottiene a Napoli commissioni importanti, in cui può dare piena dimostrazione del suo più ardito naturalismo. Con un salto carpiato di qualche secolo, pensiamo poi a Joseph Beuys, la cui opera, La rivoluzione siamo noi (1972), fu scattata durante un soggiorno dell’artista a Capri, invitato a Napoli per la prima volta da Lucio Amelio e Pasquale Trisorio.
Così succede oggi a Jan Fabre, che nella città partenopea era già venuto all’inizio degli anni Ottanta, per le sperimentazioni teatrali di Mario Martone, Angelo Curti e Tomas Arana; in seguito il maestro belga porta a Napoli sia il suo teatro che la sua arte visiva e oggi il legame con la città si consolida in maniera indissolubile con una installazione permanente, che per i secoli che verranno farà compagnia a Sette opere di misericordia di Caravaggio, anche grazie al sostegno del collezionista e appassionato d’arte Gianfranco D’Amato.
Un “ensemble” di quattro sculture di oltre un metro di altezza realizzate in corallo rosso, ecco ciò che appare dal 21 dicembre scorso nelle nicchie laterali della chiesa del Pio Monte della Misericordia.
Questo evento straordinario arriva a seguito di Oro Rosso, la mostra napoletana di Fabre allestita da fine marzo a fine settembre 2019 in quattro luoghi contemporaneamente: Studio Trisorio, Museo e Real Bosco di Capodimonte, Museo Madre e Pio Monte della Misericordia.

In apertura, La libertà della compassione.