Cin cin, “prosit”, “skål” (ma si pronuncia “skol”), evviva - si fa per dire - alle Acque della salute di Livorno, dette pure terme del Corallo: stanno per compiere centoventi anni, ma è meglio dirlo sottovoce; perché a vedere adesso come sono ridotte, e da oltre mezzo secolo, fanno soltanto stringere il cuore. Il primo edificio in cemento armato della città, dotato perfino di una linea tranviaria apposta per raggiungere il centro storico, una tra le attrazioni del luogo quando era ancora una capitale del turismo balneare, è soltanto un rudere. E il suo stato attuale, con l’assoluta incuria di troppi anni, grida vendetta: un gioiello architettonico del tutto dimenticato di quella che un tempo chiamavano “Montecatini a mare”: ma oggi è soltanto una Livorno assai amara.
L’edificio principale è un diroccato campione del Liberty, con infissi di legno a motivi floreali; una scalinata sbrecciata; cinque arcate a tutto
sesto; un parapetto pure con rilievi di fiori, ormai coperto dal verde spontaneo e dalle erbacce; la gradinata per raggiungerlo, completamente
rotta; le porte-finestre, murate.
