SPAZI DOCILI
A FIRENZE

di Cristina Baldacci

dal 2008, il progetto di arte pubblica Spazi docili (www.spazidocili.org), a cura di Fabrizio Ajello e Christian Costa (entrambi artisti), promuove il dialogo tra il territorio forentino, i cittadini e l’arte contemporanea attraverso azioni partecipative e interventi site-specifc. Oltre a sensibilizzare e coinvolgere le persone su questioni di interesse comune, che riguardano il vivere urbano e i rapporti sociali, i processi avviati da Spazi docili hanno come bersaglio la riappropriazione collettiva - fisica e non solo ideologica -, di luoghi oggi abbandonati e spesso inaccessibili che in passato hanno avuto un ruolo importante per la città. Si tratta soprattutto di contesti architettonici che Ajel l o e Costa identificano come “docili”, riprendendo una celebre espressione di Michel Foucault, che in Sorvegliare e punire (1975) aveva usato lo stesso aggettivo per defnire quei corpi sottomessi e domati dal potere politico.

Nel capoluogo toscano il progetto Spazi docili promuove il dialogo tra il territorio, i cittadini e l’arte contemporanea



La tradizionale similitudine tra architettura e corpo umano è, anche in questo caso, calzante: l’ex Meccanotessile, la Serra grande del Giardino di orticultura, il monastero di Sant’Orsola a Firenze - giusto per citare alcuni degli spazi dove finora ha preso forma il progetto - sono realtà dismesse e pressoché dimenticate con una memoria storica (industriale, scientifica, religiosa) e un potenziale sociale considerevoli. Con l’aiuto dei cittadini, e dopo una prima fase di preparazione e studio, in quei luoghi sono state organizzate: una serie di riprese che confluiranno in un documentario, tuttora work in progress, sulle vicende di mala amministrazione del complesso industriale; l’installazione di alcuni striscioni in pvc con scritte che invitavano a riflettere sul declino della monumentale serra dell’orto botanico in ferro e vetro (questi banner, prodotti per la Triennale di Architettura del 2009, sono stati esposti anche all’ex Meccanotessile e al monastero); una performance collettiva in cui i cittadini hanno realizzato una statua di sant’Orsola - poi portata in processione ed esposta in negozi e altri spazi pubblici -, come emblema religioso, ma anche civico-sociale e culturale (è ancora in preparazione, invece, il mantello con storie di vita quotidiana decorato dalle donne del quartiere San Lorenzo, che poi coprirà la statua della santa).
Accanto a queste attività, dal 2011 Spazi docili ha cominciato a organizzare anche alcune residenze per artisti italiani e stranieri. Ai non fiorentini è richiesto, tra l’altro, di produrre un breve video che esprima l’idea che si sono fatti di Firenze: la serie si intitola 10s of Genius Loci. È in questo ambito che si colloca il recente progetto Si può produrre identità?, che, nell’arco di sette mesi - da novembre scorso al prossimo maggio - vede coinvolti cinque giovani nomi. Oltre agli stessi Ajello e Costa, che, insieme a Giulio Delvé, hanno già ultimato i loro interventi, ad aprile sarà la volta del britannico Brychan Tudor e, il mese dopo, dell’americano Jo Nelson. A unire forme e linguaggi espressivi diversi, tra cui performance, scultura, fotografa e scrittura, sono i luoghi: come spazio d’azione ciascun artista dispone di una delle edicole votive che costellano Firenze (giardino di borgo Allegri, via Borgognona, atrio del complesso delle Oblate, piazzetta dei Del Bene, giardino pubblico di via Fanfani) come presenze silenziose, perché ormai quasi del tutto ignorate. Un’arte di nicchia, verrebbe da dire, ma quanto mai originale e vivace per aprire un confronto tra passato e presente, città e abitanti, spazio individuale e contesto pubblico.



Giulio Delvé, Si può produrre identità?, intervento n. 2, Spazi docili, febbraio 2014.